L’indice MSCI Emerging Markets, che ad inizio anno sembrava intenzionato a riagguantare i massimi storici fatti registrare nel 2007, ha invertito la propria tendenza e negli ultimi mesi ha accelerato al ribasso. Il peso più rilevante all’interno dell’indice è attribuito alla Cina, il cui mercato azionario sta conoscendo un’importante crisi dopo l’intensificazione della guerra commerciale con gli Stati Uniti, ma non tutti i listini che ne fanno parte si stanno comportando in modo altrettanto negativo.
Da tempo oramai i Paesi emergenti vivono storie a sé, guidati da vicende politiche ed economiche molto diverse tra loro che riducono la forte correlazione che li caratterizzava qualche decennio fa. Per questo motivo le scelte di allocazione di portafoglio non possono esimersi dalla valutazione delle singole asset class sottostanti e in questo momento tali giudizi sembrano premiare la borsa indiana.
A differenza di Shanghai (Cina) e San Paolo (Brasile) dove le vendite si sono abbattute con violenza sulle quotazioni azionarie, il listino di Mumbai ha guadagnato terreno recuperando parte delle perdite accusate in gennaio e mantenendo inalterato il trend rialzista di medio e lungo termine.
Fonte: Bloomberg
Il prossimo anno ci saranno le elezioni in India e per il primo ministro Modi la strada verso la riconferma è in salita. La perdita di popolarità ha galvanizzato i partiti di opposizione che sebbene lontani dal punto di vista ideologico potrebbero fare fronte comune per cercare di contrastare la rielezione dell’attuale governo. Dopo il voto del 2014, Modi ha messo in campo una serie di politiche pro-business che hanno permesso al paese di guadagnare il primo posto della classifica delle economie asiatiche con il tasso di crescita più elevato (7,3% quest’anno e 7,6% nel 2019). D’altro canto l’aver limitato significativamente l’utilizzo del contante nel paese nel tentativo di eliminare l’economia sommersa e il vaglio di una tassa nazionale su beni e servizi, hanno creato parecchio malcontento, in particolar modo nelle aree rurali.
Nonostante queste difficoltà all’interno dell’universo dei paesi emergenti, l’India viene preferita dagli analisti perché in un mondo che sta entrando sempre più nel vivo della guerra commerciale lanciata dall’amministrazione Trump, le ripercussioni per la seconda economia asiatica potrebbero essere limitate. L’export indiano infatti rappresenta l’11% del PIL mentre in Cina vale il 19% e in Russia il 23%. Inoltre in India il rapporto tra debito estero e PIL è inferiore ai 14 punti percentuali, un valore tra i più bassi nel panorama dei paesi emergenti, e questo riduce il rischio di vedere il costo del debito crescere se il dollaro dovesse continuare a rafforzarsi.
Se il clima costruttivo che sta caratterizzando il Paese continuerà a persistere, le quotazioni dell’indice MSCI India potrebbero superare il massimo disegnato a gennaio, in area 1.330 punti. Questo segnale archivierebbe definitivamente la fase di forte volatilità registrata ad inizio anno e avrebbe un importante significato da un punto di vista tecnico, confermando la tendenza positiva di lungo termine. Un’indicazione negativa giungerebbe invece se l’indice dovesse scendere sotto i 1.180 punti perché le quotazioni potrebbero accelerare al ribasso fino al successivo supporto individuabile in area 1.100 punti.
La strada più efficace ed efficiente per investire nel mercato azionario indiano è rappresentata dall’acquisto di un ETF quotato su Borsa Italiana. Le case che propongono soluzioni passive che replicano l’indice MSCI India sono Lyxor e Amundi.
È sempre necessario verificare l’adeguatezza di uno strumento rispetto al profilo di rischio e agli obiettivi dell’investitore, prima di procedere con l’acquisto. La volatilità del mercato sottostante rende queste soluzioni inadatte ad alcuni investitori. Il timing d’ingresso inoltre è di fondamentale importanza così come la ponderazione del peso all’interno del portafoglio.