La Brexit frena i titoli della Regina, anche se i fondamentali smentiscono le Borse. Dal 23 giugno del 2016, data del referendum sulla permanenza dei cittadini britannici nell’Unione europea, l’indice azionario UK ha sottoperformato il mercato globale di quasi 20 punti percentuali (vedi Figura 1), penalizzato anche dal forte deflusso di capitali da parte degli investitori istituzionali, ma gli analisti di Morningstar sottolineano la necessità di basare le proprie scelte su parametri diversi da quello degli umori del mercato.
Figura 1: Rendimenti a confronto, UK vs listini globali
“Le paure degli investitori per il calo dell’export verso l’Europa e per il peggioramento della bilancia commerciale, nonché per la contrazione dei consumi interni e della crescita economica, sono alimentate da un contesto politico e macroeconomico sfavorevole: aumentano i timori per l’acuirsi di una battaglia commerciale globale, il debito delle famiglie inizia a preoccupare in un contesto di risalita dei tassi di interesse e il forte incremento degli utili aziendali negli ultimi anni fa presagire la fine del ciclo economico. Nonostante questo, le variabili da guardare sono le valutazioni di mercato, i fondamentali e la stabilità finanziaria delle aziende”, dice Leslie Alba, analista azionaria di Morningstar.
Tre ragioni per non aver paura del mercato UK
Le azioni britanniche sono scambiate a prezzi di circa il 30-40% più bassi rispetto all’equity Usa, cosa che può essere anche comprensibile se si considerano la crescita degli utili delle aziende americane e la ritrovata solidità dell’economia statunitense, ma le valutazioni delle azioni in UK sono così a sconto, al momento, che il loro rendimento atteso è superiore anche a quello dei mercati emergenti o di altri paesi europei come Portogallo e Irlanda, che hanno attraversato recentemente crisi finanziarie molto gravi (Figura 2).
Figura 2: Rendimenti attesi a confronto
I fondamentali delle aziende britanniche restano solidi. Nonostante nel recente passato abbiano registrato una crescita dei ricavi e dei profitti inferiore rispetto alla media globale, i loro asset sono di buona qualità e il loro andamento è solo parzialmente legato a quello dell’economia interna, dato il forte peso delle multinazionali sulla capitalizzazione di mercato della regione. Non desta preoccupazione neanche il livello di indebitamento. Uno dei modi per misurarlo è quello di guardare alla differenza, a livello aggregato, tra il ROE il margine di profitto (più ampio è il gap più alto è il ricorso al capitale di terzi), ma il livello attuale non lascia dubbi sulla sostenibilità del debito (Figura 3).
Figura 3: Misura del grado di indebitamento delle azioni UK
La domanda che dovrebbero porsi gli investitori è dunque se il tasso di sconto al quale sono al momento scambiate le azioni britanniche è sufficiente a remunerare il rischio di possibili perdite. “La Brexit potrà sicuramente avere ripercussioni negative sul mercato azionario in UK, ma i fondamentali delle aziende ci lasciano fiduciosi sul fatto che le conseguenze possano esaurirsi nel breve periodo. Questo è particolarmente vero per le società multinazionali, le quali potranno trarre grosso vantaggio dalla futura svalutazione della sterlina”, conclude Alba.