Il prossimo 27 settembre è la data ultima, per il Governo, per la presentazione del Def, il Documento di Economia e Finanza. In pratica lì si capirà quella che vorrà essere la politica economica e fiscale per il Paese per l’anno 2019. E soprattutto si vedrà quanto il governo vorrà scontrarsi con l’Unione Europea. Il “numerino” cui tutti gli analisti guarderanno immediatamente sarà infatti quello che indica il rapporto tra Deficit e Pil: un valore sotto il 2% potrebbe essere ben accolto sia dai partner europei sia soprattutto dai mercati.
Dopo una fiammata fin quasi a 300 bp, lo spread tra i decennali governativi di Italia e Germania sta tornando intorno ai 200 punti base, segno quindi di un allentamento delle tensioni internazionali, ma lo spostamento verso l’alto della curva dei tassi rimane comunque evidente. Il grafico sotto illustra la Yield curve italiana il 20 febbraio (prima quindi delle elezioni) e il 20 settembre.
Uno shift, che se da una parte rende più appetibili i nostri Btp, dall’altra aggrava i conti pubblici. Maurizio Mazziero, fondatore della Mazziero Research, calcola che un aumento di 1 punto percentuale dei rendimenti dei titoli del debito pubblico costi alle casse dello Stato circa 4,3 miliardi di euro.
Poca roba, forse, per chi ha già 2.330 miliardi di debito come il nostro Paese, ma che già quest’anno rischia di spendere quasi 70 miliardi di euro di soli interessi. E con un Pil atteso in crescita nel 2018 del +1,1% le speranze di ridurre il rapporto Debito/Pil non sono poi molte…
“L’Italia è affetta da un morbo insanabile, in cui lo sperpero del denaro pubblico si accompagna a misure infruttuose per tornare a crescere – scrive Mazziero – quindi i miseri risultati sono da attribuire a chi ci fu, mentre chi c’è ora deve ancora dimostrare cosa saprà fare. I mercati hanno già fatto sentire il morso della sfiducia a fronte di dichiarazioni scomposte e fra poco il bilancio dovrà fare i conti anche con una spesa di interessi in aumento”.
“Non vi sono scorciatoie, ma soprattutto non servono sfide e provocazioni, quel che bisogna fare è commentare poco e lavorare molto, tenendo conto che il debito di oggi saranno le maggiori tasse di domani. La strada su cui non dovrebbero esservi dubbi è tornare ad investire, l’unico modo per tornare a crescere” conclude Mazziero.
Senza contare che dopo il 27 settembre altre scadenze graveranno su investitori e risparmiatori: il 1° ottobre la Bce dimezzerà gli acquisti di bond, entro il 15 il governo dovrà presentare il Documento programmatico alla Commissione Europea (che darà il suo parere entro il 30 novembre), il 25 ottobre e il 13 dicembre sono fissati due Direttivi della Bce, mentre il 26 e il 31 ottobre a comunicare la propria revisione sul rating del nostro Paese saranno rispettivamente S&P e Moody’s. Infine il 31 dicembre la Bce chiuderà definitivamente i rubinetti e interromperà gli acquisti, terminando ufficialmente il proprio Qe.