La Germania sarà sempre troppo grande per l’Europa, e troppo piccola per il resto del mondo; ma continuerà ancora a manifestare il suo autorevole parere nelle questioni economiche che riguardano il vecchio Continente.
È il censo conseguito in quindici anni grazie a notevoli sacrifici, che glielo consente. Negli anni compresi fra il 2001 e il 2017, senza considerare l’inflazione, l’economia tedesca è cresciuta di quasi l’89%; nessuno ha fatto meglio: né la Francia (+55%), né la Spagna (+80%), né tantomeno l’Italia (+39%).
Sin troppo naturale che questa impressionante sovraperformance, che gli economisti fanno risalire alle riforme del lavoro attuate ad inizio decennio, abbia comportato uno strapotere in borsa. Dopo essere a ragione considerato il malato d‘Europa, il DAX ha sovraperformato l’Eurostoxx 50 pressoché ininterrottamente da marzo 2003 fino ai giorni nostri.
Si potrebbe a ragione argomentare che il DAX30 è indice di performance, sicché il confronto è in una certa misura inficiato. Giusta osservazione, ma non muterebbe la sostanza del fenomeno rilevato: per più di quindici anni il DAX ha fatto meglio degli altri listini continentali, e ogni fase di appannamento si è rivelata temporanea.
Questo, fino a qualche giorno fa, quando è stata registrata un’inversione di tendenza che la figura in alto lascia trapelare. Vediamo allora il dettaglio.
Proprio così. Il rapporto in questione, finora sistematicamente contenuto dalla media mobile di supporto, questa volta ha abbattuto l’argine. Sembra ci siano non molte discussioni.
Ovviamente il censo vantato dalla borsa di Francoforte impone rispetto. Possiamo anche essere indulgenti, attendendo una conferma. Dopotutto, cosa sono pochi giorni rispetto a quindici anni di sovraperformance?
Ma è evidente che se la penetrazione non dovesse rientrare, anzi, dovesse procedere; le implicazioni sarebbero oseremmo dire epocali per quella che da non meno di tre lustri è stata a ragione considerata la migliore borsa europea.