Theresa May ha ottenuto la fiducia dei deputati Tory, salvando il posto da primo ministro del Regno Unito e “sconfiggendo” l’ala più oltranzista del partito conservatore. E’ stato l’ultimo atto di una settimana caratterizzata da un susseguirsi di eventi, dove l’unica certezza sembrava essere l’incertezza. Lunedì, la premier aveva annunciando il rinvio del voto del Parlamento inglese sull’accordo per l’uscita dall’Unione europea, che era in programma per martedì 11 dicembre. Intanto, la Corte di giustizia dell’Ue aveva fatto sapere che la Gran Bretagna sarebbe potuta tornare sui suoi passi unilateralmente senza la necessità di un avallo da parte dei partner continentali. Successivamente, 48 deputati, contrari all’accordo raggiunto con l’Europa, avevano chiesto il voto di sfiducia.
Nonostante la conferma della fiducia a May da parte del suo partito, gli sviluppi futuri rimangono difficili da prevedere. E il peggior scenario, quello di un’uscita senza intesa, seppure considerato piuttosto improbabile, non può essere ignorato dai mercati.
Il divorzio senza intesa pesa sull’auto
Gli analisti di Morningstar hanno sottoposto a stress test le aziende del Vecchio continente e del Regno Unito più esposte all’economia inglese e a Brexit. Dallo studio emerge che l’industria più colpita da una dinamica turbolenta di divorzio sarebbe quella automobilistica, per gli stretti rapporti commerciali sia nel segmento della produzione di veicoli sia nella componentistica. Nello scenario peggiore (perdita degli accordi preferenziali con l’Ue), spiega Alex Morozov, responsabile della ricerca equity di Morningstar in Europa, le valutazioni potrebbero scendere in media del 14%.
Banche, occhio agli shock
Un altro settore a rischio è quello bancario, particolarmente sensibile agli shock che possono portare a una crisi di fiducia. “La più grande distruzione di valore per gli istituti di credito si ha quando devono aumentare il capitale per far fronte a problemi di solvibilità o liquidità”, dice Morozov. “Tuttavia, crediamo che la volontà della Bank of England di intervenire in caso di necessità sia di vitale importanza per permettere alle banche di superare le fasi critiche. D’altra parte, vari stress test dimostrano che gli istituti sono in grado di evitare un ricorso agli azionisti anche negli scenari peggiori”.
Più scorte per la difesa
Nel breve, anche l’industria della difesa e aerospaziale potrebbe soffrire per un divorzio dall’Ue senza regole. Alcune aziende del settore hanno già iniziato ad alzare il livello di scorte in modo da poter far fronte ad eventuali ritardi nelle consegne tra Gran Bretagna e Unione. In questo modo, potrebbero comprimersi i flussi di cassa, ma non necessariamente i ricavi. Nel più lungo periodo, vanno considerati i rischi di ricollocazione della produzione fuori dal Regno Unito e di minori opportunità di collaborare a programmi militari e di difesa nel continente.
La recessione e le multinazionali
Il cosiddetto “no-deal” Brexit (uscita senza accordo tra le parti) non ha solo effetti sui commerci, ma anche sull’economia. Da questo punto di vista, lo scenario peggiore è quello di una recessione, caratterizzata da una frenata congiunturale, un aumento dell’inflazione e della disoccupazione. In questo caso, a soffrire di più sarebbero i produttori di beni strumentali ciclici (ad esempio, il settore della logistica). “Le multinazionali di beni di consumo, invece, dovrebbero soffrire meno”, dice Morozov. “Molte di loro hanno un ampio vantaggio competitivo (Economic moat). Inoltre, sono più diversificate a livello geografico. Per operatori globali come Unilever, Nestle e Danone, il Regno Unito rappresenta il 5% o meno dei ricavi totali, per cui l’impatto di una stagflazione non sarebbe significativo”.
Fare previsioni sugli sviluppi politici non è semplice dato il livello di incertezza. L’analisi dei rischi, applicata alle aziende e ai settori economici, permette, tuttavia, di avere un quadro più chiaro delle implicazioni della Brexit per gli investitori. In particolare, la consapevolezza di quale sia lo scenario peggiore (un’uscita turbolenta) aiuta a comprendere i margini di sicurezza che abbiamo nel prendere decisioni di investimento in una fase così delicata. Per dirlo con un motto: “Speriamo per la migliore soluzione, ma prepariamoci al peggio”.