Le recenti dichiarazioni di Davide Serra, CEO di Algebris Investments, che ha messo in guardia il miliardario Ray Dalio, leader della Bridgewater Associates, dal proseguire nella grande scommessa contro le banche italiane ha scatenato un acceso dibattito nelle sale operative.
Lo scontro verbale vede, da un lato, una delle più rappresentative società di gestione mondiale, un hedge fund che con i suoi 150 mld di dollari Usa gestiti (e 350 clienti) è sopravvissuta in oltre 40 anni di attività ad ogni tipo di crisi finanziaria e bancaria. Oggi è guidata da un quasi settantenne che ha sempre assicurato rendimenti superiore alle performance di mercato, creando un solido rapporto con una clientela affezionata e un modello di business del gestito pionieristico.
Tutto avviene in una sorta di campus nel Connecticut dove con oltre 1500 dipendenti, reclutati nelle migliori università del mondo Dalio, è stato il progenitore delle strategie complesse che hanno cambiato il volto dei fondi comuni di investimento con strategie quantitative innovative e quindi lanciando la società nel mondo degli hedge fund sempre in prima linea.
Serra quando Dalio lanciava la sua impresa aveva solo quattro anni. In 12 anni di attività indipendente con la sua società Algebris ha accumulato circa 12 mld di dollari Usa in gestione. La sua dichiarazione rilasciata alla TV di Bloomberg, secondo la quale l’esposizione di 22 mld di dollari Usa in una strategia ribassista contro le grandi corporates europee, includendo le banche italiane come Intesa, causerà forti perdite al concorrente Dalio si basa sulla considerazione che il processo di normalizzazione in atto da parte della BCE porterà all’avvio di un ciclo rialzista per i tassi benefico per le banco italiane.
Algebris ha puntato molto su Unicredit, Intesa e Banco BPM in primis come principali beneficiari di un incremento dei margini. Inoltre vi ha puntato per piani industriali che forse, meglio di altri, hanno colto la sfida della rivoluzione del digitale nei servizi bancari e hanno dimostrato maggiore lungimiranza sulla gestione degli NPL.
Viviamo in un momento nel quale i guru degli anni ’80, come Soros e Dalio, devono venire a patti con una successione al vertice. Dal canto loro le banche europee hanno margini legati certamente alla consulenza, ma solo (e soltanto) se vi è la capacità da parte dei gestori di conciliare il pagamento delle commissioni di advisory con una continuità nelle performance.
Per quanto riguarda il listino italiano, dove quelle banche sono quotate, vediamo che da inizio anno mostra una delle migliori performance al mondo, impermeabile alle scadenze politiche, laddove però lunedì scorso ha chiuso come il peggior indice UE registrando la capitolazione del Credito Valtellinese (-60 % negli ultimi 4 mesi).
Un listino dove Ray Dalio e Davide Serra hanno incrociato le lame e si giocano le rispettive perrformance. L’impressione è che intanto i retail più accorti sembrano pronti a rientrare su una possibile correzione, che forse darà ulteriore adito al duello dei due guru, quello di ieri e quello di domani.
Foto Davide Serra © Algebris (UK) Ltd