Quale potrebbe essere il prezzo di Bitcoin o di Ethereum tra sei mesi? Che futuro per le quotazioni delle cryptovalute? Sono domande ricorrenti che gran parte dei partecipanti alla corsa sfrenata delle quotazioni del 2017 si pongono. Soprattutto adesso, in una fase in cui ha poco senso concentrarsi sui prezzi, perché siamo in presenza di un mercato chiaramente ribassista.
Le domande (e il pessimismo) vengono in particolare dagli ultimi arrivati, quelli che hanno comprato verso la fine dello scorso anno. Eppure, chi ha comprato Bitcoin a 600 dollari o Ether a 30, sa benissimo che non è la prima volta che si verificano situazioni simili a quella attuale. Il mercato delle criptovalute è ancora molto “piccolo” e “giovane” e si presta pertanto ai classici “pump” e “dump” che esaltano o scoraggiano gli operatori meno avveduti ed esperti.
La lunga fase di instabilità deriva proprio dal fatto che la tecnologia Blockchain e le materie prime che servono ad alimentarla (le cripto), sono ancora in fase di sviluppo. Eppure, nonostante le notizie negative che provengono soprattutto dall’analisi tecnica dei grafici, esistono degli elementi molto incoraggianti che riguardano gli sviluppi futuri di questa “rivoluzione”.
I siti specializzati di news sulle cryptovalute addebitano in molti casi i ribassi a specifiche notizie, che riguardano spesso manovre delle autorità tese a limitare o tentare di vietare, peraltro senza riuscirvi, la negoziazione di cryptovalute. Mentre però si parla di prevalentemente Cina, Corea del Sud, India, si trascura di concentrarsi su quella che è probabilmente la prima causa dell’andamento ribassista dei prezzi in atto: l’offensiva delle autorità Usa. Bisogna considerare però che, come non c’è riuscita la Cina, neanche l’America riuscirà ad arginare l’interesse crescente verso questo mondo.
In realtà ciò che preoccupa di più le autorità in Usa è il sorprendente successo riscosso fino ad ora dalle Ico (Initial Coin Offering), a tutti gli effetti un sistema di finanziamento adottabile dalle Start Up per raccogliere fondi. In Usa colossi come Amazon, Apple, Facebook, hanno ricevuto negli anni ingenti finanziamenti dal governo, soprattutto dopo la crisi del 2008, e oggi sono leader mondiali nel settore della tecnologia e delle vendite su internet.
Gli Usa temono che il potere conquistato da questi giganti possa essere messo in discussione in futuro da altre aziende indipendenti finanziate attraverso questo nuovo canale. Guarda caso, Facebook ha già da qualche tempo sviluppato degli algoritmi che respingono o limitano molto le pubblicità o semplici post contenenti parole chiave associate alle criptovalute.
In Europa, la situazione si sta evolvendo in maniera completamente diversa. La Svizzera e Gibilterra hanno già regolamentato le Ico, la Spagna è in dirittura d’arrivo e la Germania, che ha compreso le enormi potenzialità delle Ico e della tecnologia blockchain in genere, è fortemente favorevole a una regolamentazione in tal senso per tutti i Paesi Ue. Quelle che fino a qualche settimana fa erano solo voci di corridoio, oggi stanno diventando una realtà. Una regolamentazione europea delle Ico significherebbe aumento del Pil per i Paesi dove sorgono aziende che si finanziano attraverso la blockchain, un metodo con cui si proverebbe ad aumentare la competitività dell’Europa rispetto agli Usa e alla Cina, oggi di gran lunga più forti. È evidente che a quel punto i competitor non resterebbero a guardare ma, almeno per un volta la UE potrebbe essere in anticipo rispetto agli altri.
La prova della volontà dell’Europa e guida tedesca di portare avanti il progetto è già tangibile nel Fintech action plan, un documento della Commissione Europea nel quale sono incluse le linee guida per la regolamentazione delle Ico e la definitiva accettazione ufficiale delle criptovalute.
Per gli investitori, un motivo in più per credere che le crptovalute, sono qui per restare.
A cura di Giancarlo dell’Aglio (nella foto)