Saipem alla Casa Bianca


La Casa Bianca vuol far girare a tutta forza le trivelle dei pozzi petroliferi in mare aperto, il piano quinquennale presentato alla fine della scorsa settimana dal Dipartimento dell’Interno, insieme al Bureau of Ocean Energy Management, spalanca le porte all’esplorazione in aree del pianeta fino ad oggi protette. Anche in termini di numero degli impianti, c’è un importante ampliamento: il documento, per ora solo una bozza, è una rottura con le politiche energetiche del passato, più caute nel concedere spazi di sfruttamento alle compagnie petrolifere.

 

Il piano permetterà la ricerca in un’ampia porzione dell’Oceano Artico, dell’Atlantico e del Pacifico. Aree del Golfo del Messico, fino ad oggi protette, potrebbero essere esplorate. L’unica zona off limits resta quella intorno alle isole Aleutine, nel Nord dell’Alaska. “Diventeremo una superpotenza energetica come mai se ne sono viste al mondo”, ha detto nel corso della conferenza stampa il Segretario di Stato, Ryan Zinke.

 

Se gli effetti positivi sull’industria petrolifera saranno paragonabili a quelli che la recente riforma fiscale ha avuto sul mercato azionario degli Stati Uniti, c’è da mette in conto un boom dell’attività esplorativa. Ad aver subito benefici saranno le società della trivellazione e delle costruzioni in mare, soprattutto quelle che operano in condizioni ambientali estreme, come Saipem [SPMI.MI], partecipata di Eni e Cassa Depositi e Prestiti impegnata a ritrovare la via del rilancio dopo un triennio terribile: contratti persi, caduta del prezzo del petrolio ed ex manager accusati di corruzione. La capitalizzazione è un decimo di quella di quattro anni fa: il titolo ha chiuso il 2017 con un calo del 35%.

 

In termini di nuovi ordini, a partire dallo scorso autunno, sono tornati gli annunci di commesse e lavori: le buone notizie su questo fronte, insieme all’apprezzamento del petrolio, hanno permesso al titolo di guadagnare circa il 18% nell’ultimo mese. Oggi tratta a 3,94 euro circa

 

Gli analisti però non si fidano molto, la metà invita alla prudenza, il 30% consiglia apertamente di vendere.  Non sorprende che la quantità di posizioni ribassiste su Saipem sia tra le più alte di tutta la Borsa italiana. Il target price medio è 3,87 euro.

 

Chi non sente così intrepido da puntare sul titolo, può abbassare il rischio puntando sulla protezione offerta da un certificate. Un buon compromesso tra prudenza e rendimento, si trova in quello identificato dal codice Isin DE000HV40CQ4 [DEHV40CQ.MI], un Bonus Cap emesso a novembre dell’anno scorso da Unicredit.

 

La scadenza è 21 dicembre 2018. Il Bonus è 112 euro, la barriera è a 2,690 euro, distante oltre il 31% dai prezzi attuali. Il derivato si acquista oggi al prezzo di 104 euro. Se da qui alla scadenza il sottostante non tocca mai la barriera, l’investimento si chiude con un rendimento dell’7.7%, (oltre 8% annualizzato).

 

In caso Saipem tocchi la barriera prima della scadenza, il certificate perde il bonus e si trasforma in un replicante del sottostante. Il rimborso è in funzione del prezzo di Saipem alla scadenza.

 

Non ci aspettiamo che il titolo, nel corso dell’anno scenda così tanto, arrivando ad un prezzo mai visto nella storia, ma nessuno degli analisti se lo aspetta. Neanche Gregory Brown di Credit Suisse, l’analista con il target price più basso (2,75 euro) è così pessimista.

 

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