Ci sono diversi modi per misurare lo stato di salute di un mercato azionario. Certo, gli Stati Uniti ne offrono più di altri: alcuni noti, altri colpevolmente meno noti al grande pubblico.
Alzi la mano, ad esempio, chi conosce il Point&Figure! Nessuno, o quasi? Certo, perché quando il sottoscritto iniziava a masticare le prime nozioni di analisi tecnica, questa modalità di tracciamento delle quotazioni era già considerata desueta.
Peccato, perché il P&F vanta delle virtù di misurazione dei target, che al confronto il machine learning può solo servirgli il caffè. Fra le varie cose, il P&F può stabilire con oggettività se un’azione si colloca correntemente in uptrend, piuttosto che in downtrend.
Bella informazione, no? Specie se poi la consideriamo coralmente, cioè con riferimento a tutte le azioni del NYSE. Oppure (visto l’“inquinamento” del paniere di questo mercato), delle azioni dello S&P500.
Dunque la partecipazione al rialzo dell’indice è talmente corale, che l’83% delle società incluse nel paniere dello S&P vanta in questo momento un formale uptrend, secondo la tecnica del P&F.
Tanto? Poco? E’ decisamente tanto. Infatti bisogna risalire all’estate di tre anni fa per ritrovare una partecipazione così massiccia.
Nella circostanza, Wall Street è poi salita per un ulteriore anno, prima di subire la pressione delle vendite.
Questo dato già fa intuire dove vogliamo andare a parare: una partecipazione così ampia è un sintomo di notevole vitalità. Di solito, anzi mai, il mercato realizza i suoi massimi in condizioni simili. Difatti, vediamo come si presentava il BPI in occasione dei massimi del 2000, del 2007 e appunto del 2015:
Abbiamo la conferma ai nostri sospetti: quando il mercato realizza dei massimi, il BPI è sempre in ripiegamento anche piuttosto pesante. Procedono le avanguardie, ma la truppa rimane attardata. Sempre meno azioni partecipano al rialzo, che finisce per risultare strozzato.
Dunque sappiamo che questo non è un massimo.
Facciamo allora un altro esperimento. Vediamo dove si posizionava il mercato, quando almeno l’83% delle società del paniere vantava uptrend.
Sembra chiaro: quando la partecipazione è così ampia, il mercato si migliora ulteriormente nei mesi a venire. Non è un comportamento di mercato in downtrend o prossimo al bear market. Storni non se ne escludono, ma prima di parlare di inversione ribassista, occorrerebbe su questo fronte sperimentare preventivamente una prolungata fase di distribuzione, di cui non si scorge nemmeno l’abbozzo.
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