I fondi obbligazionari flessibili hanno mantenuto le promesse? La risposta è: non sempre. Gli strumenti raccolti in questa categoria Morningstar hanno la possibilità di investire attraverso un ampio spettro di bond e possono mostrare diversi gradi di concentrazione del rischio. Ad esempio, una forte esposizione a carta non investment grade o a debito dei mercati emergenti. I fondi possono non avere limiti di esposizione alle valute.
“Questi strumenti vengono acquistati partendo dal presupposto che siano in grado di proteggere gli investitori in obbligazioni dai classici rischi legati ai tassi di interesse, fornendo al contempo rendimenti almeno in linea con le strategie obbligazionarie tradizionali”, spiega un report firmato da Ashis Dash e Irene Ruiz Espejo, rispettivamente Associate director e Analyst della Manager research di Morningstar che, per la loro analisi, si sono concentrati sulla categoria dei Global flexible bond USD hedged (per via delle forte presenza di debito denominato in dollari americani sia sul mercato che nei benchmark).
Guardando il periodo che va da inizio gennaio 2009 a fine novembre 2017, i risultati sembrano confortanti. I Global flexible bond fund hanno fatto meglio dei corporatetradizionali (+0,5% annualizzato) e hanno superato del 2,5% l’indice Bloomberg Barclays Global Aggregate Bond (US hedged). Analizzati con gli occhiali dello Sharpe ratio (un indicatore di performance corretta per il rischio), nello stesso arco temporale, hanno fatto meglio dei bond corporate tradizionali e si sono mossi in linea con il paniere.
Andamento categoria Global Flexible bond (USD Hedged)
Dati in euro aggiornati al 30 gennaio 2018
Fonte: Morningstar Direct
“I risultati però cambiano se si osservano gli ultimi tre e cinque anni, anche a causa di quello che è successo nel 2015, quando gli asset più rischiosi, come il debito dei mercati emergenti (che tende a essere uno dei più rappresentati in molti strumenti di questo tipo) hanno sofferto”, spiegano i due analisti. “Tuttavia i fondi che hanno investito molto in carta dei paesi in via di sviluppo (ad esempio Legg Mason Western Asset Macro Opportunities Bond, Analyst rating Bronze. Analisi completa qui) o in quella dei finanziari (come Man GLG Flexible Bond, Analyst rating Bronze. Analisi completa qui) si sono comportati meglio nell’ultimo anno. Si tratta infatti di segmenti che hanno approfittato del rafforzamento dell’economia globale”.
Global Flexible bond e Global Corporate a confronto
Difesa dai tassi di interesse
Un altro osservatorio, dal quale si può guardare l’andamento dei Global Flexible, bond è quello dei tassi di interesse. “Va però precisato che la categoria non è stata messa molto alla prova su questo fronte dai tempi della crisi finanziaria”, spiegano i due analisti. “I rendimenti dei governativi americani – e più in generale di quelli dei mercati sviluppati – sono a livelli molto bassi. Tuttavia se si guardano ai risultati della categoria nei periodi in cui gli yield dei Tbond sono saliti di mezzo punto percentuale e oltre si vede che i fondi Global Flexible bond hanno fatto meglio di quelli corporate” (Vedi tabella sotto)
Rendimenti quando lo yield del Tbond sale
Il taper tantrum (il rallentamento dell’acqiusto di asset a rischio), portato avanti dalla Federal Reserve da maggio 2013 all’inizio di luglio dello stesso anno, ha rappresentato una fase difficile perché i segmenti che sono meno correlati con i movimenti dei Treasury, come ad esempio i corporate high yield e il debito dei mercati emergenti, hanno visto dei sell off. “Nonostante questo, i fondi della categoria, mediamente, hanno perso meno di quelli del comparto Global corporate bond”, dicono i due analisti. “Guardando a periodi più recenti, i rendimenti dei bond governativi globali nella seconda metà del 2016 sono saliti in risposta alle politiche meno accomodanti delle Banche centrali. In quel periodo i fondi della categoria Global Flexible bond hanno difeso gli investitori”.
Debolezza durante i sell off
C’è però il rovescio della medaglia. I fondi obbligazionari flessibili, ad esempio, hanno pagato care le fasi in cui gli asset rischiosi sono scesi. La tabella sotto mostra come abbiano fatto peggio dei Corporate Global quando ci sono state fasi di mercati equity depressi (a partire dal 2011).
Confronto durante i mercati equity in discesa
Un altro problema sottolineato dagli analisti è la difficoltà dei gestori nell’usare la flessibilità nella duration a loro vantaggio. “Fra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, ad esempio, molti erano convinti che la Federal Reserve avrebbe iniziato una serie di rialzi dei tassi e hanno cominciato ad accorciare la duration”, spiegano Dash ed Espejo. “Questa è stata la decisione giusta nel primo trimestre del 2015 visto che i rendimenti dei Treasury sono cresciuti poco. Tuttavia i gestori che hanno mantenuto un atteggiamento difensivo si sono persi il flight to quality che ha portato al rally dei Tbond nella seconda metà dello stesso anno”.
Meglio essere cauti
In conclusione, nello sforzo di proteggere gli investitori dall’aumento dei tassi di interesse e dare rendimenti interessanti, molti gestori di questa categoria cercano di spostarsi su altri tipi di rischio come i corporate high yield, il debito dei paesi emergenti o i crediti strutturati. “Per fare questo, diverse strategie finiscono per avere una forte correlazione con settori molto sensibili all’andamento del credito e dei mercati equity, sia nel breve che nel lungo periodo. Questo, a sua volta, può portare problemi di equilibrio nel portafoglio”.
Correlazione fra gli indici (1 e 5 anni)
“In generale possiamo dire che la categoria ha fatto fatica a mantenere le promesse e riteniamo che vada approcciata con cautela quando la si vuole inserire all’interno di un portafoglio diversificato”, concludono gli analisti.