Il 2018 è stato un anno in salita per i fondi bilanciati, soprattutto quelli che hanno come valuta di riferimento l’euro. Le principali classi di attività finanziarie hanno registrato andamenti negativi, facendo venire meno i benefici della diversificazione.
Le categorie più penalizzate sono state quelle con una prevalente componente azionaria (-11,1% i bilanciati aggressivi in euro), ma anche i moderati e i prudenti in euro, che hanno più obbligazioni in portafoglio, sono stati segnati da rendimenti negativi (rispettivamente -8,3 e -4,8%). Non è andata meglio agli investitori che hanno deciso di lasciare più spazio di manovra al gestore. I flexible allocation, infatti, sono scesi in media del 9,7% (dati Morningstar al 31 dicembre 2018).
In un report dal titolo Allocation Funds Reeling From a Tough 2018, Barbara Claus, ricercatore senior di Morningstar, ha indagato sui fattori che più hanno pesato sulle performance, guardando in particolare dentro i portafogli coperti dall’Analyst rating.
Tutti nella stessa direzione
Il primo fattore è proprio il fatto che la maggior parte dei mercati (azionari e obbligazionari) si è mossa nella stessa direzione, accusando delle perdite. L’indice Morningstar global markets ha perso oltre il 7%, quello azionario emergenti l’11,6% e il benchmark europeo il 13,4% (tutti i dati sono in euro). Nel reddito fisso, l’indice obbligazionario globale (Bloomberg Barclays Global Aggregate) ha perso l’1,2% in dollari (+3,8% in euro) e hanno sofferto anche i panieri ad alto rendimento (high yield). L’unica eccezione è stato il magro +0,4% messo a segno dal Bloomberg Barclays Euro Aggregate, che è composto da bond di qualità (investment grade). Le materie prime completano la lista dei ribassi (-6,8% il Bloomberg commodity in euro).
Orso in Borsa
Il secondo fattore è l’esposizione azionaria: in termini assoluti più i portafogli erano esposti all’equity, maggiore è stata la sofferenza. Nell’analisi delle performance, tuttavia, bisogna distinguere tra chi ha mantenuto il peso delle azioni neutrale rispetto all’indice di riferimento e chi l’ha gestito tatticamente (in sovra/sottopeso rispetto al benchmark). Guardando ai rendimenti trimestrali, infatti, si nota che le grandi strategie bilanciate hanno registrato ribassi simili all’indice Msci global equity nei primi tre mesi, successivamente non hanno beneficiato del tutto della ripresa delle Borse; infine, nell’ultima parte dell’anno sono riusciti quasi tutti a contenere le perdite rispetto ai mercati nel loro complesso.
Performance trimestrali di alcuni grandi fondi bilanciati analizzati da Morningstar
Regioni, settori e stili
Il terzo fattore sono state le scelte geografiche, di stile e settoriali. Le categorie che hanno in portafoglio più azioni europee hanno sofferto maggiormente; così come le strategie con orientamento al valore rispetto a quelle growth. A livello industriale, farmaceutici, servizi di pubblica utilità e tecnologici si sono comportati meglio di energetici finanziari e materiali di base. Infine, la scelta di società ad alto dividendo è stata premiante in un contesto volatile.
Dollaro forte
Il quarto fattore riguarda il tasso di cambio. Nel 2018, il dollaro si è apprezzato di circa il 5% sulla moneta comunitaria con un impatto significativo sui rendimenti in euro, di cui hanno beneficiato coloro che non avevano scelto strategie di protezione valutaria. “L’apprezzamento del dollaro ha reso le strategie di copertura del rischio di cambio piuttosto care”, spiega Claus. “Infatti, il loro costo dipende dal differenziale tra i tassi di interesse della divisa base e quella straniera, che oggi è alto perché la Banca centrale europea mantiene una politica monetaria espansiva a differenza della Federal Reserve americana (che ha cominciato la fase di stretta per poi assumere recentemente un atteggiamento più attendista, Ndr)”.
Poche luci nel reddito fisso
Infine, il quinto fattore è relativo al reddito fisso. Mentre le obbligazioni governative in euro hanno avuto rendimenti leggermente positivi; il credito e i Treasury si sono mossi in direzione opposta (in dollari).
Tutti questi fattori hanno generato una grande dispersione dei rendimenti tra i fondi e tra le classi di uno stesso comparto.
Ad esempio, se guardiamo al rendimento in euro, tra i fondi monitorati da Morningstar, quello che più è riuscito a contenere il ribasso è Allianz Income and growth (-0,9% in euro per la classe in dollari nel 2018), che ha un Analyst rating Neutral (report di Barbara Claus dell’8 novembre 2018). Ma, proprio per effetto della debolezza della divisa comunitaria, i risultati differiscono a seconda della classe del fondo che consideriamo e del fatto che copra o meno il rischio di cambio. Per contro, Carmignac Patrimonie ha registrato una perdita dell’11,3%, collocandosi nell’ultimo decile della categoria bilanciati moderati globali in euro (il suo Analyst rating è Neutral, report di Mara Dobrescu, Manager research team, del 13 febbraio 2019). L’elevata esposizione azionaria, quando le Borse hanno corretto a febbraio e ottobre, e in particolare il peso dell’energia, sono stati tra gli elementi di maggior penalizzazione, si legge nello studio Morningstar.