I grandi gestori di fondi internazionali, come BlackRock, State Street e Vanguard, hanno cominciato da qualche tempo a sostenere la diversità di genere nelle aziende in cui investono e a votare contro quei consigli di amministrazione che non prendono in seria considerazione questo aspetto al loro interno.
Secondo uno studio di Morningstar, negli ultimi tre anni, ci sono state 64 risoluzioni di azionisti nelle aziende quotate statunitensi con riferimento ai temi di genere nei Cda o sul luogo di lavoro, all’equità retributiva o, ancora, a metriche di performance per gli amministratori delegati legati alla diversità. Molte consideravano anche le questioni etniche.
Madison Sargis, Associate Director of Quantitative Research di Morningstar, li ha raggruppati in quattro tipologie:
– Diversità nei consigli di amministrazione: richiesta di trasparenza alle aziende sui piani per accrescere la diversità di genere o le politiche per allargare il pool dei candidati ad entrare nei Cda.
– Pratiche sul luogo di lavoro: risoluzioni per chiedere alle aziende di redigere un report su queste tematiche o rinforzare le politiche di disclosure.
– Equità di genere in busta paga: richieste alle aziende di monitorare e rendere note eventuali diseguaglianze, le politiche per attenuarle e i rischi provocati da tali gap.
– Retribuzione degli amministratori delegati agganciate alla promozione di politiche di genere ai vertici dell’azienda.
La buona notizia è che i consigli di amministrazione stanno diventando più diversificati dal punto di vista del genere. Sempre secondo i dati Morningstar relativi al paniere dell’indice Russell 3000, il cambiamento è stato significativo a partire dal 2010, come si può vedere nel grafico qui sotto.
“Circa il 20% delle aziende dell’indice Russell 3000 ha un Cda che può essere considerato diversificato dal punto di vista del genere, ossia con almeno tre donne al suo interno”, spiega Sargis. “Quelli composti da soli uomini sono la minoranza”.
I nodi da sciogliere
Se il trend è incoraggiante, la realtà mostra notevoli spazi di miglioramento. Ad esempio, le società più piccole statunitensi sono indietro di un decennio rispetto alle blue chip. Inoltre, un consigliere donna tende ad essere presente in un numero di Cda molto maggiore di un suo collega maschio. Una delle ragioni principali è che esiste una cerchia ristretta all’interno della quale scegliere perché sono ancora troppo poche le donne che occupano posizioni manageriali di alto livello.
“La maggiore rappresentazione femminile nei board non inizia e finisce al loro interno”, precisa la ricercatrice di Morningstar. “Comincia nel posto di lavoro. Le aziende devono supportare le donne nella loro crescita professionale in modo che possano avanzare in ruoli di vertice. E’ necessario partire da molto più lontano, riducendo le gerarchie e adottando misure che eliminino gli ostacoli strutturali agli avanzamenti di carriera”.
L’Italia e le quote rosa
In Italia, la legge Golfo-Mosca del 2011 ha introdotto l’obbligo di riservare almeno un terzo dei membri degli organi di amministrazione e controllo delle società quotate e partecipazioni pubbliche al genere meno rappresentato. Secondo uno studio Cerved di inizio 2018, la normativa è servita a incrementare le “quote rosa” e per la prima volta, nel 2017, il numero di donne nei board delle aziende di Piazza affari è stato maggiore di un terzo rispetto al totale del Cda. Tuttavia, solo in 26 (11%) viene superato il minimo richiesto e le donne nelle cariche di vertice rimangono un numero esiguo.
La legge prevede una clausola temporale in base alla quale si applica per tre mandati consecutivi e poi va ad esaurirsi. Tuttavia, le quote rosa rimarranno nel Codice di autodisciplina di Borsa italiana in base alla regola del “complain or explain”, ossia adotta il principio oppure spiega perché non l’hai fatto. In un Quaderno di finanza del settembre 2018, dal titolo Gender diversity e performance delle società quotate, la Consob ha confermato l’effetto positivo della Golfo-Mosca sui Cda, non solo in termini di aumento del numero di donne, ma anche nella modifica delle caratteristiche: riduzione dell’età media, incremento della diversità in termini di background professionale e livello di istruzione. Inoltre, lo studio evidenzia come sia determinante la presenza di una massa critica femminile perché ci sia un effetto positivo sui risultati d’impresa (la soglia critica sarebbe compresa tra il 17 e il 20%).
Le condizioni per il successo
Le ricerche e i dati statistici sono il primo passo per superare gli stereotipi e il senso comune nell’affrontare il tema della diversità di genere. Ma i numeri da soli non bastano. Il passo successivo è costruire le condizioni per il successo di un’azienda, tra le quali ci sono la capacità di attrarre i migliori talenti, indipendentemente dal sesso, la creazione di percorsi di carriera uguali per tutti e di un ambiente in cui le differenti competenze e sensibilità si combinano per generare valore.