In Europa sono stati lanciati in media ogni anno 324 fondi alternativi conformi alla normativa Ucits, in pratica più di uno per ogni giorno lavorativo dal 2009 ad oggi. In dieci anni, la crescita dell’offerta è stata del 76%, un incremento che non ha pari in altre classi di attività finanziarie o in altre regioni del globo. Eppure, il saldo dei sopravvissuti è più basso (115), perché nello stesso periodo 209 in media ogni anno non sono sopravvissuti, chiusi o fusi in altri. In totale, nel database di Morningstar a fine 2018 se ne contavano 2.663 per un patrimonio di 420 miliardi.
Lanci e chiusure di fondi alternativi Ucits (scala destra) e comparti sopravvissuti (scala sinistra)
Perché sono diventati popolari
Su questi numeri e molti altri hanno indagato i ricercatori di Morningstar Matias Möttölä e Francesco Paganelli, in uno studio dal titolo Cross-border Liquide alternative landscape 2019. A fast-growing asset class still needing to prove its worth. Una serie di fattori ne ha sicuramente favorito lo sviluppo: la crisi finanziaria, che ha messo a dura prova i mercati azionari; le politiche monetarie espansive, che hanno reso difficile ottenere buoni rendimenti con le obbligazioni; le modifiche introdotte alla normativa Ucits, che hanno permesso di implementare strategie simili ai fondi speculativi, ma superando i limiti di illiquidità e scarsa trasparenza. Infine, in una fase dove le case di investimento sono andate sotto pressione per l’avanzata dei più economici prodotti indicizzati, gli alternativi hanno rappresentato un terreno florido per la gestione attiva.
Il nodo delle performance
“Quello che rende il successo degli alternativi intrigante, è il fatto che i rendimenti nel complesso non sono stati entusiasmanti”, spiegano gli analisti di Morningstar. “Certo ci sono state eccezioni o periodi particolarmente favorevoli, ma nel complesso hanno deluso”. Il caso della strategia GARS (Global absolute return) di Aberdeen Standard Investments è emblematico. Nel primo quinquennio, il rendimento annualizzato è stato del 7,8% in sterline (la valuta base), performance che ha fatto crescere enormemente le masse e scatenato la concorrenza nel lancio di prodotti simili. Gli ultimi anni, però, sono stati deludenti e i risultati inferiori agli obiettivi, con conseguenti deflussi dalla strategia.
Nel valutare le performance dei fondi Ucits alternativi, la difficoltà sorge quando si prova ad andare indietro nel tempo. Pochi, infatti, esistevano già nel 2007 o anche solo nel 2011, cioè all’epoca della crisi finanziaria e del debito sovrano europeo. “Per molte strategie, il vero banco di prova è stato il 2018”, dicono Möttölä e Paganelli. “Ed è stato davvero sfidante, dato che quasi tutti gli indici sono scesi, lasciando pochi angoli in cui ‘nascondersi’ e poter trarre vantaggio dai benefici della diversificazione”. L’anno scorso, l’83% ha chiuso in rosso e, nonostante l’obiettivo di ritorno assoluto, un terzo dell’offerta ha sofferto perdite superiori al 6%.
Poco correlati con i mercati tradizionali?
Le cinque principali categorie Morningstar alternative (global macro, long/short debt, long/short equity Europe, market-neutral equity, multistrategy, and systematic futures) hanno terminato in rosso il 2018. L’altra faccia della performance è il rischio. Siccome le strategie sono molto diverse tra loro, la deviazione standard, un indicatore di volatilità, può differire significativamente da uno strumento o gruppo all’altro. Ad esempio, i fondi systematic future hanno registrato una volatilità mediana del 10% su cinque anni; mentre i long/short debt intorno al 2,6%. In mezzo si collocano i multistrategy con il 4,6%, valore leggermente inferiore a un indice 50/50 tra azioni e obbligazioni.
Se le componenti di rendimento e rischio sono importanti, il vero test per gli alternativi è la capacità di essere fonte di diversificazione del portafoglio e quindi di avere una scarsa correlazione rispetto ai mercati tradizionali. L’analisi Morningstar mostra una certa capacità di assolvere questo ruolo nei confronti dell’azionario, soprattutto per quanto riguarda le strategie market neutral, mentre quelle multistrategy tendono a muoversi più in linea con le Borse. In altre categorie, i risultati fluttuano nel quinquennio considerato.
Rendimenti, rischio e correlazioni delle principali strategie alternative
Costi e rendimenti
Lo studio di Morningstar mostra come il successo degli alternativi sia spiegato più da promesse di rendimento che da risultati effettivamente ottenuti. La maggior parte dei flussi si è diretta verso i fondi con poco o nessun track record. Nel periodo 2014-2018, oltre la metà, infatti, è andata a prodotti lanciati in quegli stessi anni.
Flussi nei fondi alternativi tra il 2014 e il 2018 per anno di lancio dei prodotti
Non solo, le classi di fondi alternativi con il patrimonio più elevato sono quelle che hanno un costo maggiore. I due terzi degli asset sono investiti in strumenti con spese correnti superiori a 0,8 punti percentuali e un quinto sopra l’1,6%. A questa voce vanno poi aggiunte le commissioni di performance, in media del 20%, applicate da circa la metà dei prodotti, e i costi di transazione generati da un turnover di portafoglio che è spesso superiore agli strumenti tradizionali. “Ne deduciamo che i comparti alternativi fanno pagare un premio per i benefici di diversificazione che ci si attende forniscano”, dicono i ricercatori di Morningstar. I costi, però, si mangiano gran parte della performance, riducendo l’attrattività di queste strategie.
Patrimonio dei fondi alternativi per spese correnti (ongoing charge, di tutte le classi)