Fondi passivi, i migliori e i peggiori del 2018

ETF

Se il 2017 è stato l’anno dei record, con le Borse mondiali che hanno superato nel mese di dicembre i 100 mila miliardi di dollari di capitalizzazione (un livello mai visto prima), il 2018 è stato segnato dal brusco ritorno della volatilità. Tensioni commerciali tra Usa e Cina, incertezza politica nella zona euro, crollo dei mercati emergenti e tensioni attorno alle negoziazioni relative alla Brexit sono stati i venti che si sono fatti burrasca sui mercati, che l’anno scorso hanno segnato in quasi tutti i casi performance negative. Clicca qui per leggere l’articolo 12 scatti sui mercati finanziari nel 2018.

La fotografia annuale dell’industria europea dei fondi passivi (Exchange traded product – Etp – e fondi non quotati) conferma proprio il cambio di rotta dal punto di vista della volatilità. Se nel 2017 il peggior Etp in termini di rendimento era stato il Lyxor S&P 500 VIX Futures Enhanced Roll UCITS ETF (-63%), replicante di un indice rappresentativo di una strategia basata sulla volatilità attesa del mercato azionario statunitense, nel 2018 la situazione si è perfettamente ribaltata, con lo stesso fondo al primo posto della Top 10 dell’anno (+26,3%).

Gli index fund, essendo strumenti puramente passivi, riflettono nei loro movimenti l’evoluzione dei mercati, senza che la performance venga distorta dalle scelte (buone o cattive) di un gestore attivo. Inoltre, i replicanti vengono sempre più utilizzati come strumenti per posizioni tattiche di breve periodo. Perciò i rendimenti riflettono fedelmente quello che viene definito come il sentiment degli investitori.

Secondo i dati Morningstar, nel 2018, tra il miglior fondo passivo (in termini di rendimento) e il peggiore ci sono oltre 66 punti percentuali (prendendo in considerazione quelli registrati alla vendita in Italia ed escludendo i replicanti strutturati, cioè a leva o short).

Il mondo degli Etp
Come già detto, tra i fondi passivi quotati in Borsa, si piazza al primo posto un replicante dell’incide Vix. Molto bene anche una commodity agricola come il cacao (clicca qui per leggere l’articolo Azioni al cioccolato per addolcire il portafoglio) e un metallo come il palladio, che ha segnato una performance molto simile ma con una volatilità decisamente più contenuta. Già nel 2017 era stato tra gli investimenti più redditizi, i suoi usi più comuni sono nell’industria automobilistica per le marmitte catalitiche, nelle telecomunicazioni, in odontoiatria, nel settore elettrico, oltre che in gioielleria. Attualmente, il palladio viene scambiato a circa 1.322 dollari l’oncia, quando solo tre anni fa era quotato a 483 dollari.

Bene anche il tema della sicurezza cibernetica, con l’L&G Cyber Security UCITS ETF, un fondo esposto a un gruppo di società globali che generano una percentuale consistente dei loro ricavi nel settore della sicurezza cibernetica; in particolare, fornitori di infrastrutture che sviluppano hardware e software per tutelare l’accesso interno ed esterno a file, siti internet e reti, oppure aziende che forniscono servizi di consulenza in tema di cyber security. Clicca qui per leggere l’articolo Come investire nella cybersicurezza.

Nella Flop 10 dell’anno, invece, si distingue il mercato azionario turco, con due Etf di Lyxor e iShares ai primi posti. In agosto, Moody’s ha declassato il rating sovrano portandolo da B2 a Ba3 -, mentre S&P Global Ratings l’ha portato da BB a B+, decisioni prese alla fine di un’estate molto calda per Ankara.

Dietro a questi movimenti ci sono diverse ragioni. Da un lato, la crisi finanziaria finita, così come il Quantitative easing di molte economie sviluppate, a partire dagli Stati Uniti. Quel flusso di capitali che ha alimentato negli anni scorsi il credito in tante economie in via di sviluppo (come la Turchia) sono per gran parte tornati verso mercati più stabili, che vedono i loro tassi in rialzo. Senza dimenticare la crisi diplomatica con gli Usa.

In realtà, nonostante l’importanza di questi aspetti, l’economia turca ha problemi con radici più profonde. Il paese è rimasto bloccato in un circolo vizioso per anni: un’inflazione elevata e incontrollata, derivante dal perseguimento di una crescita economica alimentata dal credito, ma senza una risposta politica efficace da parte della banca centrale, priva di autonomia reale dal governo. Gli elevati debiti in valuta estera, il crescente deficit delle partite correnti e l’impennata dell’inflazione sono tutti sintomi di un paese sull’orlo di una crisi della bilancia dei pagamenti molto simile a quelle che hanno colpito i mercati emergenti negli anni ‘80 e ‘90.

Tra i mercati in via di sviluppo male anche la Cina, seriamente colpita dalla guerra commerciale con gli Stati Uniti. Clicca qui per leggere l’articolo Dazi, la guerra che non conviene a Pechino. Senza dimenticare il settore bancario europeo (presente con ben tre Etf), che ha vissuto un anno difficile, in particolare a seguito delle tensioni politiche in Italia e delle pressioni sul mercato dei Btp.

Il mondo dei fondi indicizzati
Per quanto riguarda i fondi passivi non quotati (senza quindi la componente di trading intra-day), la Top 10 del 2017 è dedicata al 90% (nove posti su dieci) a prodotto obbligazionari, in particolare emessi in dollari o coperti dal rischio di cambio, sintomo che gli investitori sono rimasti ben ancorati al biglietto verde.

Male, invece, le small cap dell’Eurozona, il mercato azionario italiano e i paesi di frontiera.