I fondi obbligazionari europei archiviano il secondo mese consecutivo, giugno, con forti riscatti. Secondo le stime di Morningstar, in 30 giorni sono usciti 11,9 miliardi di euro che si aggiungono ai quasi 12 miliardi che sono evaporati a maggio (il calcolo esclude gli Etf). E da inizio anno, i flussi netti positivi sono di “soli” 429 milioni. Un dato che fa impallidire se si considera che gli azionari segnano un +40,9 miliardi da gennaio e negli ultimi due mesi hanno lasciato sul terreno decisamente meno (-9,1 miliardi).
La raccolta degli anni scorsi è un ricordo lontano. Nel 2017 il reddito fisso aveva catalizzato in Europa flussi per quasi 300 miliardi e, l’anno prima, per 108 miliardi. Il secondo trimestre 2018, in effetti, si è rivelato piuttosto sfidante, soprattutto per le notizie arrivate dagli Stati Uniti che indicano chiaramente il proseguimento delle politiche monetarie restrittive.
Fed, lungo la strada dei rialzi
A giugno, la Federal Reserve ha aumentato i tassi di riferimento dello 0,25% portandoli nell’intervallo 1,75-2% e continuando lungo la traiettoria di riduzione degli stimoli cominciata nel 2016. La decisione è stata accompagnata da una dichiarazione ottimista sull’economia statunitense che fa presagire ulteriori rialzi nel corso dell’anno. Le aspettative sulla crescita dell’inflazione, insieme alle preoccupazioni per le dimensioni che il debito pubblico rischia di assumere sotto l’amministrazione Trump, hanno fatto oscillare i rendimenti dei titoli di Stato decennali americani tra il 2,7% e il 3,1%. “In generale, gli yield delle emissioni a breve e medio termine sono saliti più di quelli a lunga scadenza, determinando un appiattimento della curva”, spiega in una nota Ashis Dash, Associate director sulle strategie a reddito fisso del Morningstar Manager research team. “I bassi rendimenti dei bond a più lunga durata hanno alimentato qualche timore sulla possibile inversione della curva nel prossimo futuro, il che potrebbe indicare una recessione in arrivo”.
Bce, inflazione lontana dal target
In Europa, la Banca centrale ha confermato la volontà di ridurre le misure straordinarie di espansione monetaria (Quantitative easing) lentamente, ma con fermezza. Ha, tuttavia, messo molta enfasi, soprattutto nella riunione del 26 luglio, sull’intenzione di voler mantenere i tassi di riferimento invariati almeno fino all’estate del 2019. L’istituto di Francoforte si muove con cautela perché l’inflazione rimane lontana dal target del 2% e le prospettive per l’Eurozona sono offuscate dalle incertezze politiche e dalle tensioni commerciali.
Strette monetarie negli emergenti
Un altro fattore da tenere in considerazione è il rafforzamento del dollaro contro le principali valute, che, insieme alle decisioni della Fed, ha messo in difficoltà i paesi emergenti, causando forti deflussi soprattutto dai fondi specializzati sul debito in valuta locale. “Diverse Banche centrali hanno reagito per rispondere alla combinazione tra deprezzamento delle loro monete e pressioni inflazionistiche a livello domestico”, dice Arif Husain, responsabile del reddito fisso globale di T. Rowe Price. “A giugno, Messico, Turchia, India, Filippine, Repubblica Ceca e Indonesia hanno alzato i tassi di interesse ed è probabile che nel secondo semestre altri paesi emergenti seguano questa strada”.
Le strade si dividono
In questo contesto più sfidante per gli investitori, emergono con chiarezza le differenze tra le diverse strategie di gestione. Ad esempio, le analisi Morningstar mostrano che tra i fondi obbligazionari globali con Analyst rating, la medaglia d’argento M&G Global Macro bond ha guadagnato l’1,88% (in euro) nel secondo trimestre, grazie alla maggiore esposizione verso le scadenze più brevi e al dollaro.
Tra i fondi specializzati sulle obbligazioni high yield sono stati premiati quelli con titoli di minore qualità, come ad esempio AXA WF Global High Yield Bonds (rating Bronze). Ma le differenze si vedono soprattutto tra gli strumenti con focus sul debito emergente, dove i cali più ampi si sono registrati nei prodotti in valuta locale. E’ il caso di Pimco GIS Emerging local bond e Investec GSF Emerging markets local currency debt, entrambi con rating Neutral, che nel terzo trimestre hanno registrato perdite in euro intorno al 7%. Per contro MFS Meridian emerging market debt, che ha come divisa di riferimento il dollaro, ha guadagnato l’1,34% in euro.