L’Europa sta attraversando una fase positiva ma il contesto di mercato non è esente da incognite, a partire dalla Brexit e dall’incertezza politica. Secondo la Fidelity Analyst Survey 2018, l’annuale indagine di Fidelity International sulla view dei propri analisti sulle aziende, le società europee sono uscite da una fase pluriennale di consolidamento e controllo dei costi. Sospinte dal vento della crescita globale, stanno sfruttando al meglio i costi di finanziamento estremamente convenienti, la redditività crescente e la solidità dei bilanci per investire in capitale e tecnologia, oltrechè per remunerare gli azionisti. “Secondo i nostri analisti europei, il management delle società è considerevolmente più fiducioso riguardo alle prospettive dei loro business”, recita lo studio. “Poco più della metà del campione (il doppio dello scorso anno) dichiara che la fiducia del management verso gli investimenti è in aumento rispetto all’anno appena concluso”.
Oltre quattro analisti su dieci prevedono un aumento della spesa in conto capitale. L’enfasi principale, come altrove, è sul mantenimento del business, tuttavia un maggior numero di società inizia a spendere per la crescita. Ben più della metà degli analisti europei prevede un incremento della redditività del capitale, grazie all’espansione della domanda e alla riduzione dei costi, delineando il quadro più positivo tra tutte le regioni considerate. Ciononostante, appare chiaro che le imprese non sono ancora in grado di abbandonare la disciplina sul fronte dei costi, salvagente grazie al quale hanno superato due recessioni in un decennio. Ad esempio, il ridimensionamento dei costi è un fattore che contribuisce all’aumento atteso dei rendimenti in misura molto più significativa che negli Stati Uniti, mentre un numero minore di analisti dichiara che il pricing power darà un apporto positivo alla crescita dei rendimenti.
Inoltre, una più elevata redditività del capitale e la solidità dei bilanci consentiranno a molte imprese di aumentare ulteriormente i dividendi. Sei analisti su dieci in Europa prevedono un aumento delle distribuzioni, facendo così registrare una percentuale più alta che in qualsiasi altra regione, eccetto gli Stati Uniti. La maggior parte degli analisti europei si aspetta poi una maggiore propensione verso attività di M&A nei prossimi 1-2 anni. Probabilmente si tratterà in prevalenza di acquisizioni per incorporazione e non di grandi operazioni strategiche, maggiormente attese dagli analisti negli Stati Uniti. I timori deflazionistici si sono attenuati poiché l’economia dei paesi periferici si è rafforzata. L’austerità non è più così rigida come in passato e le retribuzioni dovrebbero crescere, secondo quasi i tre quarti degli analisti che si occupano della regione, dando impulso ai consumi.
Nel complesso, quindi, l’Europa sembra godere di ottima salute. Tuttavia si registrano “alcuni fattori negativi, già in atto o potenziali, che i nostri analisti tengono sotto stretta osservazione. Ancora più dello scorso anno, gli analisti europei temono che la Brexit stia penalizzando le decisioni strategiche sugli investimenti nel Regno Unito. Inoltre l’instabilità politica in Europa costituisce un potenziale fattore di attenzione”.
Il 54% degli analisti che lavorano in Europa prevede che la Brexit avrà un impatto moderatamente negativo e un ulteriore 9% si aspetta una ricaduta significativa. I settori maggiormente interessati sono i beni di consumo discrezionali, i servizi finanziari, i prodotti industriali e i materiali. La Brexit scoraggia inoltre gli investimenti aziendali nel Regno Unito: il 61% di tutti gli analisti europei dichiara che le rispettive società sono meno propense a investire oltremanica dopo il risultato del referendum. Un terzo degli analisti negli Stati Uniti e un quarto di quelli in Giappone riscontra dinamiche simili tra le società di loro competenza.