E’ il debito cinese, preferibilmente espresso in renminbi, il tesoro a cui devono dare la caccia gli investitori in obbligazioni. Con un valore di oltre 10mila miliardi di dollari, il mercato del reddito fisso del paese emergente è il terzo per dimensioni dietro a quello Usa e a quello giapponese.
L’universo di investimento del debito Made in China è diviso in due segmenti: quello offshore (che comprende emissioni denominate in dollari di Hong Kong e in valuta americana) e quello onshore (in renminbi). Il secondo, in particolare, ha visto una crescita esponenziale passando da un valore equivalente a 4 mila miliardi di dollari nel 2012 a oltre 9mila miliardi nel 2017. “Alla luce delle dimensioni e dell’andamento di questo segmento crediamo che gli investitori stranieri abbiano la possibilità di investirci in maniera più consistente. Questo asset potenzialmente potrà giocare un ruolo sempre più importante in un portafoglio obbligazionario globale”, spiega Don Yew, Manager research analyst di Morningstar.
Va detto che gli strumenti dedicati a questo mercato l’anno scorso non hanno regalato grandi soddifazioni agli investitori. Quelli raccolti nella categoria Morningstar RMB Bond Onshore nel 2017 hanno perso, mediamente, il 6% circa (in euro). Allungando la visione a cinque anni la performance arriva a sfiorare il +4%.
Andamento categoria Morningstar RMB Onshore
Dati in euro aggironati al 12 febbraio 2018
Fonte: Morningstar Direct
Arrivano gli stranieri
Gli investitori in passato hanno operato sulla carta cinese principalmente attraverso il mercato offshore, più accessibile del suo cugino in renminbi. Tuttavia con l’andare del tempo qualcosa è cambiato. Il primi passi sono stati fatti nel 2003 e nel 2011 con l’introduzione dei programmi chiamati Qualified Foreign Institutional Investor e Renminbi Qualified Foreign Institutional Investors che hanno permesso agli asset manager stranieri di muoversi sul mercato onshore, pur se con molte limitazioni. Il cambiamento maggiore è arrivato a febbraio del 2016 quando la Banca popolare cinese ha dato il permesso alle banche, alle società di asset management e alle assicurazioni straniere di lavorare sull’Interbank bond market (dove è trattato il 90% dei bond onshore). Una maggiore apertura è arrivata a luglio 2017 con il varo dell’Hong Kong bond connect scheme che permette di trattare debito in renminbi con qualche vantaggio fiscale in più. “In un prossimo futuro potrebbero arrivare altri elementi che spingeranno l’investimento in bond onshore”, dice l’analista. “Ad esempio la loro inclusione negli indici globali sul reddito fisso. Senza contare che a ottobre 2016, il Fondo monetario internazionale ha iniziato a usare il renminbi come reserve currency (quelle divise forti che sono generalmente usate negli scambi internazionali e che le Banche centrali tengono in cassaforte come riserva, Ndr) e potrebbe quindi diventare una valuta importante per i commerci globali”.
In Italia sono in cinque
Sul mercato italiano sono disponibili cinque prodotti dedicati a questo asset di investimento: CS (Lux) China RMB Credit Bond B USD (senza Morningstar rating), ICBC China Opp RQFII Bond N EUR Unhedged Acc (2 stelle), Neuberger Berman China Onshore Bond USD I (senza rating), Nikko AM RMB Bond B USD (5 stelle), Parvest Bond RMB Classic Capitalisation (senza rating).
“I bond in renminbi sono ancora considerati da molti come un asset class di nicchia e sono in una fase di transizione”, dice Yew. “Tuttavia, stanno diventando più accessibili e molti manager ci stanno dedicando maggiori risorse. Per questo crediamo che la continua crescita di queste emissioni farà aumentare l’universo investibile dei mercati emergenti e dei fondi globali in local currency. Il risultato sarà che i gestori saranno in grado di sfruttare meglio questa fonte di alpha per diversificare il portafoglio e per dare maggiori rendimenti agli investitori”.