Più di 100 morti accertati e 238 persone ancora disperse. È questo il bilancio a dieci giorni dal disastro ambientale e umano avvenuto lo scorso 25 gennaio a seguito del cedimento di una diga di contenimento di materiale ferroso estratto dal colosso brasiliano Vale SA nel municipio di Brumadinho, alle porte di Belo Horizonte. Il bacino artificiale costruito per contenere i residui della miniera è crollato, rompendo a catena una dopo l’altra le successive cinque dighe che, a loro volta, si sono dissolte trascinandosi a valle fino a far confluire nel fiume Paraopeba 12 milioni di metri cubi di detriti che hanno travolto prima gli uffici della stessa Vale, per poi arrivare a Brumadinho, distruggendo ogni cosa si trovasse sul cammino.
Non è la prima volta che la multinazionale carioca (maggior produttore e maggior esportatore al mondo di minerali ferrosi) si trova in una situazione del genere. Già nel 2015, sempre nella regione del Minas Gerais, la rottura di un’altra diga mineraria aveva provocato la morte di 19 persone e quello che fu definito come il più grande disastro ambientale della storia brasiliana.
A seguito di questi eventi, Sustainalytics (società specializzata in analisi ESG di cui Morningstar detiene il 40%) ha deciso di abbassare il controversy rating della società, portandolo a 5, il livello peggiore. Tale giudizio ha l’obiettivo di valutare in che modo il coinvolgimento dell’azienda in alcuni fatti potrebbe impattare sugli interessi degli stakeholder e, di conseguenza, sul business dell’azienda stessa, e incide direttamente sul rating ESG di quel titolo. Clicca qui per approfondire la metodologia relativa alle controversie. Ciononostante, Vale, con un rating ESG pari a 66/100, è ancora considerata in linea con la media dei suoi concorrenti diretti.
Gli analisti di Morningstar, dal canto loro, hanno abbassato il fair value a 8,80 dollari da 9,40, il che ha contribuito a diminuire lo stock rating da tre a due stelle.
Intanto, la settimana scorsa il presidente di Vale SA, Fabio Schvartsman, ha annunciato la chiusura di una decina di dighe per ragioni di sicurezza, il che, oltre a costare al gruppo 1,3 miliardi di dollari, provocherà un calo della produzione di circa 40 milioni di tonnellate di acciaio all’anno per i prossimi tre anni. A seguito dell’annuncio, il titolo ha rimbalzato dell’8,5% nella giornata del 29 gennaio, dopo il crollo dei due giorni precedenti (-24%). Nel periodo che va dal 25 gennaio al tre febbraio, l’azienda ha bruciato il 17% del suo valore.
“L’abbassamento del fair value del 6% per Vale SA si basa sulla previsione di una riduzione di 25 milioni di tonnellate all’anno del volume di vendita di minerali ferrosi”, si legge in una nota del 30 gennaio a cura di Mathew Hodge, analista azionario di Morningstar. “Prevediamo delle vendite pari a 370 milioni di tonnellate nel 2019, 380 milioni di tonnellate nel 2020 e 390 milioni di tonnellate nel 2021, per arrivare poi a una normalizzazione intorno ai 425 milioni di tonnellate nel 2023, il che equivale a un calo del 6% circa per i prossimi tre anni rispetto alle previsioni precedenti. Inoltre – prosegue la nota – per Vale, il fatto di essere coinvolta nel secondo grave incidente in soli quattro anni significa un controllo da parte dell’opinione pubblica e del governo molto più alto. Per Vale, poi, ci sarà un impatto finanziario diretto in termini di multe, costi di pulizia, risarcimento delle vittime e probabili cause per danni”.