Chi cerca la crescita, guardi a Est. Le ultime stime dell’Unione europea parlano chiaro. A fronte di un balzo medio del Pil previsto per il 2019 nell’area dei 28 paesi membri pari all’1,4%, ci sono alcune nazioni che si distinguono in positivo: oltre ai casi di Malta (5,5% di crescita previsto per quest’anno) e Irlanda (3,8%), a stupire è il blocco emergente orientale, con Polonia (4,2%), Ungheria (3,7%), Slovacchia (3,8%), Romania (3,3%) e Repubblica Ceca (2,6%). Le previsioni della Commissione per il 2020 sono in ribasso rispetto a questi numeri, ma la tendenza non cambia.
Specularmente, a deludere sono le grandi economie occidentali, in particolare l’Italia fanalino di coda con il suo misero 0,1% e la Germania con lo 0,5%, ma anche la Francia con un non esaltante 1,3%.
Certo, rispetto a un ottimo 2017, negli ultimi 18 mesi l’Europa emergente ha già vissuto un rallentamento, anche se con forti divergenze tra paesi (basti pensare al caso della Turchia). “Un ambiente esterno meno favorevole e le previsioni pessimistiche per la crescita nell’area euro continueranno a frenare le prospettive di crescita per la regione”, si legge in uno studio di Abn Amro. “I paesi fortemente integrati nelle filiere regionali, come l’Ungheria e la Repubblica Ceca, saranno particolarmente colpiti. D’altra parte, la continuazione della guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti dovrebbe avere un lieve impatto sull’Europa emergente. I legami commerciali con la Cina e gli Usa non sono significativi”, si legge nel report.
Tra i rischi principali, lo studio indica un acuirsi delle tensioni tra i paesi dell’Est (in particolare, Polonia, Ungheria e Romania) con l’Unione europea, a causa di alcune posizioni illiberali criticate da Bruxelles e delle decisioni prese a seguito della crisi migratoria. Da monitorare anche eventuali nuove sanzioni da parte degli Usa verso la Russia.
Negli ultimi 12 mesi, l’indice Morningstar Emerging Markets Europe NR è balzato del 4,7%, mentre l’indice Morningstar Eurozone NR ha perso 4,9%. Nel triennio, il confronto resta favorevole al primo (11% contro 7,6% annualizzato). La situazione si ribalta invece a cinque anni, con il benchmark dedicato all’Eurozona che segna un rendimento annualizzato del 5,3%, contro il 3,8% del paniere emergente.
Evoluzione degli indici Morningstar EM Europe NR e Morningstar Eurozone NR a un anno
Dati in euro al 21 maggio. Fonte: Morningstar Direct
L’offerta europea
Disponibili nel Vecchio continente ci sono quattro Exchange traded fund esposti ai mercati emergenti europei. Di questi, solo il replicante offerto da iShares include il mercato russo. Si tratta di un fondo molto esposto alla Borsa di Mosca (che pesa quasi il 60% del totale) e di conseguenza anche al settore energetico (40%), con Gazprom in prima fila (8,5%). A livello geografico, seguono poi Polonia (20%), Turchia (9%), Ungheria (6%) e Grecia (3%). Gli altri tre comparti, invece, seguono un benchmark concentrato di 26 titoli, molto focalizzato sul mercato polacco (71%). Seguono poi l’Ungheria al 20% e la Repubblica Ceca al 9%. A livello settoriale i titoli finanziari la fanno da padrone con il 51% degli asset; il settore energetico è il secondo in ordine di importanza con il 19%.
Dalla tabella sottostante, si evince chiaramente come l’inclusione o meno della Russia abbia fatto la differenza nelle performance. Non una grossa sorpresa, se si pensa che l’indice Morningstar Russia NR è balzato del 18,8% nell’ultimo anno, contro il -4% del Morningstar Poland NR Index.