Cosa succede in Germania? Dopo oltre 5 mesi dalle elezioni, il Paese potrà finalmente avere un governo: alla fine l’Spd, il partito social-democratico tedesco, ha deciso, dopo il sì del referendum interno tra i tesserati del partito, di aderire alla Grosse-Koalition con la Cdu di Angela Merkel.
La stessa Spd, che all’indomani delle elezioni del 24 settembre, aveva detto che non sarebbe più stata nella stessa coalizione con la Merkel, con il leader Martin Schulz condannato alle dimissioni dalle proprie parole: «non farò mai l’alleanza con Merkel e mai in un governo a guida Cdu».
Sono bastati un poco di mesi a far cambiare opinione al partito social-democratico tedesco, dopo che la coalizione “Jamaica” inizialmente data come opzione possibile tra Cdu/Csu, Verdi e Liberali non ha visto la luce poiché troppo elevate erano le distanze fra le parti.
E il pressing su Martin Schulz di resuscitare la ‘Grande coalizione’ da parte del mondo economico tedesco “per il bene della causa” ma anche di Emmanuel Macron e di Bruxelles ha fatto cambiare le idee anche alla base dello stesso Spd (il 66% degli iscritti ha dato disco verde nelle scorse settimane al ritorno in condominio con la Merkel), che ha avviato un rinnovo dei vertici con la nascita di un governo composto da Unione cristiano-democratica (Cdu), cristiano-sociali (Csu) e Partito socialdemocratico (Spd) con 177 pagine di programma di governo dove quasi tutto è stato meticolosamente concordato fra le parti.
Non sappiamo se quanto è successo a Berlino succederà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi anche a Roma, ma sicuramente sul fronte della formazione del nuovo esecutivo le similitudini sono notevoli, seppure in Italia l’ex premier Matteo Renzi, a differenza del leader dimissionario dei socialisti tedeschi, Martin Schulz, non sembra il tipo che si limiterà nei prossimi mesi a fare solo il senatore semplice di Firenze, Scandicci, Signa, Lastra a Signa e Impruneta e un possibile “spin off” dal PD di una sua creatura politica autonoma sul modello di “En Marche” di Macron non è da scartare a priori,
Intanto l’azionario tedesco e il suo indice principale (il Dax) hanno iniziato dal dopo elezioni a perdere forza, anche se l’indice delle azioni di media capitalizzazione ha mostrato un andamento più convincente (l’ETF Lyxor German Mid-Cap MDAX UCITS con Isin FR0011857234); la correzione dei mercati di fine gennaio è stata per il mercato tedesco (-11,5% l’ETF Lyxor Dax Isin LU0252633754) ancora più severa di quella subita dall’indice azionario europeo (-10%) e da Piazza Affari (-8%).
Dal punto di vista tecnico la locomotiva tedesca sembra quindi rallentare, seppure alcuni indicatori più seguiti dagli economisti, come il Pmi servizi o lo Zew, mostrino come il morale sia ancora altissimo fra gli imprenditori.