Il 2019 si prefigura come anno di eventi geopolitici che andranno a incidere sulle strategie politiche monetarie delle Banche Centrali. Protezionismo tariffario Usa-Cina, Opec e prezzo petrolio, Brexit, politica italiana ed elezioni europee i principali market event. Recessione in arrivo? Per provare a districarci tra tutte queste variabili, abbiamo chiesto al Comitato di Ricerca di Assiom Forex un focus sulle varie aree geografiche e asset class.
Ecco intanto le principali previsioni “numeriche” per l’anno che verrà:
vPil Usa +1,9%
vPil Area EU +0,7%
vPil Cina +6,2%
vPil Giappone +1,1%
vT-Bond 10yr +2,85%
vBCE, primo rialzo 1Q 2020
vEURUSD 1,12-1,1750
vPetrolio Brent $80
L’anno che si sta per aprire nasce sotto il segno di un rallentamento economico globale, già prevedibile dalla lettura del ciclo economico compiuta lo scorso anno, che vede nelle politiche monetarie più restrittive e nell’erosione del potere d’acquisto delle famiglie alcune delle sue cause primigenie. Una decelerazione le cui premesse sono già state di fatto avvertite e che proseguirà sia nel 2019 che nel 2020 nelle principali economie mondiali (Europa, Stati Uniti, Cina, Giappone).
Sulla scena politica italiana, lo scontro iniziale con Bruxelles da parte dell’attuale governo sembra aver perso il suo slancio sia nei dati sul deficit sia soprattutto nei toni con l’Europa. Il 2019 sarà cruciale per capire se una strategia italiana conciliante sarà compatibile con le regole fiscali europee al fine di evitare una pericolosa escalationcon imprevedibili conseguenze considerata l’importanza sia simbolica che di debito dell’Italia all’interno dell’EU.
L’attuale governo italiano e il crescente environmentdi proteste (Francia, Belgio, Olanda) tra le popolazioni che sentono di aver perso potere d’acquisto fanno in modo che si arrivi alle elezioni europee in una situazione di fragilità politica con una crescita economica non vigorosa. Brexit, se a marzo si dovesse concretizzare un no dealcome conseguenza decisionale per rispettare la volontà del popolo, ci sarebbe un forte impatto negativo sul PIL (-7% secondo BoE) e pertanto su tutta l’area Euro.
Sono queste le conclusioni condivise nell’ Outlook 2019 dal Comitato di Ricerca di Assiom Forex formato da operatori sui mercati finanziari di emanazione di alcune delle maggiori banche ed intermediari italiani ed esteri.
USA
Nonostante il deficit federale sia destinato ad aumentare fino a -4,3% nel 2019 e a -5,2% nel 2020, riteniamo che la stretta monetaria annunciata dalla Fed e l’erosione del potere d’acquisto delle famiglie causata dalla mancanza di una crescita adeguata dei salari siano due elementi in grado di rallentare la locomotiva americana all’ 1,9% nel 2019 e addirittura ad un risicato +0,3% nel 2020. I potenziali rischi potrebbero portare a una discesa ancora maggiore, ma le nostre proiezioni segnalano una flessione non ancora in territorio negativo, dal momento che ci aspettiamo una forte risposta politica atta ad evitare una nuova recessione. Le pressioni inflazionistiche hanno continuato a rafforzarsi sulla scia dell’aumento dei costi energetici e abitativi. Infatti, per la prima volta dal 2012, l’inflazione core ha raggiunto l’obiettivo del 2% della Fed. Ci aspettiamo il picco dell’inflazione verso metà del 2019.
AREA EURO
La decelerazione continuerà nel 2019 e nel 2020, con il PIL dell’area dell’euro che si espanderà dello 0.7% nel 2019 prima di risalire dell’1.3% nel 2020. L’attuale congiuntura ha tre caratteristiche forti, visibili in tutti i Paesi. In primo luogo, una decelerazione del settore industriale, che sta perdendo mordente per nuove assunzioni. La seconda caratteristica forte è la diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie e un crescente desiderio di risparmio. Infine, ma non perché meno importante, la fiducia nel settore delle costruzioni e nei servizi rimane rafforzata strutturalmente dai bassi tassi di interesse. A nostro avviso, la decelerazione del settore industriale coglie l’atteggiamento aggressivo del presidente degli Stati Uniti Donald Trump in materia di tariffe e sanzioni, ma non si tratta solo di questo in quanto le imprese rispondono anche ai timori crescenti sulla disponibilità dei consumatori a spendere. Il 2019 si prospetta complicato anche a livello politico, visto che il concordato con il Regno Unito per l’uscita dalla UE probabilmente non verrà approvato ed è possibile che assisteremo ad un altro giro di elezioni anticipate. La situazione politica in Italia è stabile, ma le tensioni con Bruxelles continueranno. Le elezioni per il Parlamento europeo a maggio potrebbero portare alla vittoria del fronte UE-scettico.
AREA ASIATICA ED EMERGENTI
In Cina per quanto riguarda i prossimi due anni, un ulteriore rallentamento potrebbe essere la conseguenza degli effetti delle tensioni sul commercio, bilanciati dal probabile supporto da parte di politiche fiscali. La crescita economica è pertanto prevista al 6.2%nel 2019 e al 6.0% nel 2020. I rischi per le prospettive future rimangono tuttavia elevati, con la possibilità di un ulteriore deterioramento del fronte commerciale e il possibile indebolimento della domanda interna se il mercato immobiliare rallentasse più velocemente del previsto.
In Giappone, dopo un rallentamento nel 2018, ora previsto all’ 1.1%,la crescita reale del PIL rimarrà su questo livello anche nel 2019, sostenuta dal continuo accomodamento monetario, dalle condizioni rigide del mercato del lavoro e dalla domanda anticipata che precederà l’aumento dell’imposta sui consumi nell’ottobre del 2019. Dal 2020, è probabile un rallentamento del ritmo di crescita, principalmente come conseguenza del verosimile consolidamento fiscale pianificato.
La decelerazione dell’espansione economica in Europa e negli Stati Uniti, accompagnata da una crescita dei rischi geopolitici e dei possibili inasprimenti delle tariffe, rappresentano fattori di rischio anche per il miglioramento degli indicatori dei Paesi emergenti. Per quanto riguarda la Russia tuttavia, le rigide politiche fiscali e monetarie degli ultimi anni ne hanno ridotto la correlazione con il ciclo economico globale e pertanto, senza un significativo calo del prezzo del greggio <50 USD/bbl, i pericoli rappresentati da possibili nuove sanzioni e da un rallentamento dell’economia mondiale non pongono rischi eccessivi al nostro scenario centrale dell’1.3%.In Turchia, l’elevato surriscaldamento economico degli ultimi anni ha comportato rischi considerevoli che si sono materializzati in una forte svalutazione della Lira e ad un brusco rallentamento dell’economia. Attualmente prevediamo un lieve calo del PIL reale nel 2019, seguito da una contenuta espansione nel 2020.
MERCATI OBBLIGAZIONARI
Il rallentamento della crescita europea i in particolare di quella tedesca del terzo trimestre, ha spostato le probabilità implicite nella curva dei rendimenti europei del primo rialzo tassi della BCE da settembre 2019 a primavera 2020. Consideriamo questo repricingeccessivo: una leggera flessione dell’economia è fisiologica e salutare e non implica necessariamente una fase recessiva violenta. Le financial conditionssono ancora accomodanti e i tassi negativi fanno male all’industria bancaria ed assicurativa. La BCE manterrà il termine del programma QE al 31 dicembre 2018 lasciando però aperta la possibilità di fornire il supporto necessario se qualche evento esogeno allontanerà la zona dal target di inflazione («below but close to 2%»).
La discesa del prezzo del petrolio complica ulteriormente la strategia futura della BCE: il crollo del 40% osservato nell’autunno del 2018 pone ulteriori dubbi sulla possibilità di osservare un rialzo dell’inflazione, considerando che nell’anno in corso le spinte inflazionistiche sono arrivate dai prezzi energetici e non da una spinta salariale. Il contesto appena delineato induce a pensare che la BCE dovrà verosimilmente comportarsi in maniera più simile alla BOJ che non alla FED: archiviato il QE governativo per un problema di scarcityè ragionevole immaginare che possano essere introdotte nuove misure, tipo acquisto di equityeuropeo via ETF e rates(spread) targeting.La reale fattibilità di misure così dirompenti dipenderà dalla situazione politica europea: difficilmente potrebbero essere implementate in caso di scontri di Paesi sovrani con le istituzioni europee, al contrario sarebbero ipotizzabili all’interno di uno scenario di nuova Europa che rimetta al centro temi di integrazione e di garanzia unica dei depositi, di unione bancaria e di un superministro europeo dell’economia con piani di investimento importanti per l’intera area.
Sull’Italiaper il futuro ci aspettiamo 3 possibili scenari:
- Spread verso bund tra i 240 e 320 BPS nel rispetto dei vincoli fiscali e nell’utilizzo di un wording più consono nei confronti di UE e mercati
- Spread btpverso bundsotto i 200 BPS di spread ove vi sia un u-turncompleto del governo nelle politiche fiscali o in caso di cambio di governo, ipotizzando che il nuovo sia più moderato nel rispetto dei vincoli fiscali e riduzione del debito
- Spread sopra i 350 basispoints in caso di conflitto totale con la commissione europea.
MERCATI AZIONARI
Il 2019 si prospetta come un anno “sfidante” per i mercati azionari europei, con una Fed vista probabilmente attendista, una Bce che potrebbe varare un nuovo Tltro e con un ciclo economico mondiale sicuramente in rallentamento, ma non ancora in recessione. Saranno quindi molti gli elementi esogeni che dovranno essere ponderati nel 2019 e per questo l’anno sarà «non lineare». Le tendenze saranno sempre più violente e veloci legate in modo particolare alle news sulla trade war fra Usa e Cina e alle evoluzione politiche dell’Europa.
Pur tuttavia, considerati i de-rating importanti degli ultimi mesi e l’avversione al rischio degli operatori ritornata su eccessi importanti, Q1 2019 potrebbe risultare favorevole al rischio e quindi ai mercati azionari europei, anche se il prosieguo dell’anno sarà particolarmente legato ad elementi esogeni che potranno fare cambiare velocemente la percezione e l’atteggiamento degli operatori. Il nuovo anno sarà quindi un anno non adatto alle strategie “Buy and Hold”, mentre strategie del tipo “Barbell” (ovvero di minimizzazione del rischio) saranno da preferire. Gli indici azionari americani saranno fra i pochi indici mondiali che chiuderanno probabilmente il 2018 con segni positivi, grazie agli stimoli fiscali di Trump ed alla forza del dollaro.
Tuttavia la politica fiscale di Trump finirà i sui effetti nei prossimi mesi e quindi un turning point potrebbe arrivare anche dall’altra parte dell’Oceano. Molti sono i rischi all’orizzonte, tuttavia la Fed potrebbe essere più dovish del previsto e ciò riporterebbe liquidità e sentiment positivo sull’azionario. Sebbene i segnali per una recessione prospettica stiano aumentando (vedasi spread tassi 2-10), molti importanti leading indicator restano pro equity e finché non invertiranno, la tendenza dell’azionario Usa rimarrà positiva. Il 2019 sarà un anno sensibilmente più volatile del 2018 con settori Value da preferire ai settori Growth.
I mercati emergenti nel 2019 saranno con estrema probabilità i Paesi con il più alto potenziale: sono attesi crescere in media del 4,7%, con un Eps Growth medio al 14%.
L’evoluzione di questi mercati sarà strettamente legata allo sviluppo della trade war ed alla rivalutazione del dollaro. Se le tensioni da protezionismo verranno stemperate e se il dollaro invertirà la tendenza e tornerà al ribasso, gli Emerging saranno i mercati da sovrappesare, con particolare attenzione a Giappone e India
MERCATO FOREX
L’incertezza, legata al deterioramento del ciclo economico globale e ai rischi geopolitici, potrebbe portare ad un aumento della volatilità. In Europa eventi quali la Brexit e le elezioni del Parlamento, se non saranno seguiti da un rinnovata politica economica, potrebbero sfociare in tensioni sociali. Negli States un acuirsi della guerra commerciale tra Usa e Cina spingerebbe la Fed a rivedere la politica restrittiva. Il risultato di queste forze contrapposte potrebbe costringere l’eur/usd in una fase laterale tra 1,12-1,1750, seguita da un eventuale allungo dell’euro, in direzione di 1,2050 sull’aspettativa di divergenti politiche monetarie.
Il 2019 sarà in positivo o negativo l’anno della sterlina inglese.Il risultato di un rafforzamento o indebolimento della moneta dipenderà dall’esito della «Brexit». In caso di una soft exit potremmo assistere ad un marcato rafforzamento della moneta d’oltremanica in direzione di 1,43, in caso contrario, hard exit possibile un forte indebolimento, che potrebbe spingere la sterlina a rivedere l’area di minimo del 2016.
Il ruolo di moneta «safe haven» per eccellenza dello yen, in un contesto di incertezza e volatilità, sarà premiante. L’alta possibilità di un mercato in modalità risk-off, per i rischi geopolitici globali e per la fase di rallentamento del ciclo economico, farà della divisa giapponese un porto abbastanza sicuro per parcheggiare la liquidità. Per loYenil ritorno dell’avversione al rischio (risk-off) potrebbe spingere la divisa in direzione di quota 100; mentre l’area 118,5 dovrebbe contenere eventuali spinte ribassiste.
L’economia cinese, in fase di profonda trasformazione, non dovrebbe subire forti contraccolpi a meno di un’escalation della guerra dei dazi. Sul fronte valutario, mentre continuerà l’apertura del conto capitale, la consistenza delle riserve valutarie detenute dalla PBoC dovrebbe fare da deterrente ad eventuali attacchi speculativi sulla divisa. In questo contesto da monitorare la tenuta dell’area 7 per il cross Usd/Cny. La violazione di questo livello potrebbe essere associata all’avvio di una guerra dei dazi che si potrebbe trasformare in una guerra valutaria.
MERCATI DELLE MATERIE PRIME
Nel 2018, i rischi politici e le tensioni commerciali hanno notevolmente influito sui mercati delle commodity, distorcendo flussi commerciali e catene di produzione ben consolidate ed alimentando negatività verso il comparto. Quasi tutte le principali materie prime hanno perso terreno nel corso dell’anno, nonostante in molti casi la domanda mondiale si mantenga superiore all’offerta. Il nostro scenario resta positivo per il 2019, nonostante il modesto deterioramento del contesto macroeconomico. Ci attendiamo infatti che i rischi politici e commerciali si allentino e il focus di mercato torni sui fondamentali, decisamente tesi (a causa della scarsità dell’offerta rispetto alla domanda) per la maggior parte delle materie prime (ad eccezione di platino e petrolio).
Nel nostro scenario di base ci attendiamo prezzi del petrolio Brent stabili intorno ad un prezzo medio di 80 USD/b per vari fattori:
• Tagli credibili all’offerta permetteranno di riportare il mercato in bilancio e sposteranno nuovamente le curve forward in backwardation(prezzi forward inferiori al prezzo spot corrente). Questa inclinazione implica roll yield positivi e rende molto attraente gli investimenti finanziari in petrolio a fronte di tassi di interesse ancora bassi;
• La spare capacity (capacità produttiva in eccesso) è a livelli estremamente bassi ed espone il mercato a significativi rischi di interruzioni inattese dell’offerta;
• La produzione in Iran, Venezuela, Libia e Nigeria resta profondamente esposta a rischi politici e conseguenti interruzioni inattese dell’offerta;
L’attesa che la Federal Reserve possa interrompere temporaneamente il sentiero di rialzi dei tassi dovrebbe favorire il comparto dei metalli preziosi. Ci attendiamo rendimenti positivi per tutto il comparto, con la notevole eccezione del platino a causa dei cambiamenti strutturali in corso nel settore automobilistico.