Sisifo. Prometeo, Tantalo e Sisifo violano il confine tra umano e divino e procurano agli uomini benefici immeritati. L’ira degli dei li punisce con un supplizio. Per Prometeo, che ha agito per generosità disinteressata, il tormento ha un termine (Eracle lo libererà con il tacito consenso di Zeus). Per gli altri due la pena è eterna. Perversi e straordinariamente intelligenti come personaggi sadiani, Sisifo e Tantalo portano doni agli uomini per motivi egoistici e per loro non c’è pietà. Sisifo inganna Thanatos, la morte, mettendola in catene, e da quel momento gli uomini non muoiono più. Ares riesce però a liberare Thanatos, ma Sisifo, quando tocca a lui morire, fugge con un inganno dall’Ade. Catturato alla fine dagli dei, Sisifo viene condannato a vivere per sempre, come voleva, ma trascorrendo i suoi giorni senza fine trasportando un masso fino alla cima di una montagna per vederlo poi rotolare a valle e ricominciare tutto daccapo. Camus farà del supplizio di Sisifo il simbolo dell’assurdità della condizione umana.
Il ciclo economico apertosi nel 2009 ha violato i limiti naturali di vita di un ciclo espansivo. I tassi artificialmente bassi prima e la riforma fiscale poi hanno prolungato l’espansione e gonfiato l’azionario a livelli che nessuno osava prevedere. Ingannare la morte del ciclo ha però prodotto degli effetti collaterali. I tassi bassi troppo a lungo hanno bloccato la crescita della produttività e frenato l’innovazione. La riforma fiscale a fine ciclo e in piena occupazione, dal canto suo, ha creato un boom che rende necessario alzare i tassi (un’operazione sempre rischiosa) e che ha gonfiato gli utili due volte, la prima per il calo delle imposte e la seconda attraverso i riacquisti di azioni proprie resi possibili dalla liquidità generata dai risparmi fiscali. La condanna per avere scontato tutto in anticipo sarà per le borse un lungo supplizio di Sisifo.
Anche in assenza di recessione, una volta raggiunta la cima della montagna, come è successo in gennaio (SP 500 a 2873) e di nuovo in settembre (SP 500 a 2930) il masso rotolerà a valle e si dovrà ricominciare tutto daccapo. Se saremo fortunati ogni tanto ci sarà un nuovo massimo (raggiunto con grande fatica, di poco superiore al precedente e subito seguito da una caduta) ma il prezzo da pagare, alla lunga, sarà il disamoramento verso l’azionario di una parte crescente degli investitori finali, quella che è entrata nel mercato negli anni scorsi contando su un rialzo costante e su una bassa volatilità.
Questi investitori hanno comprato tipicamente Etf legati all’indice e hanno tratto vantaggio dalla straordinaria performance di un pugno di azioni della tecnologia che hanno gonfiato SP 500 e Nasdaq mentre le altre azioni rimanevano indietro. Ora che la leadership di questo comparto è in discussione, tutto rischia di funzionare al contrario, penalizzando gli Etf e inducendone una massiccia liquidazione. L’Europa patisce il supplizio di Sisifo da quattro anni. L’Euro Stoxx 50 è sugli stessi livelli di inizio 2014. I rialzi legati alla svalutazione dell’euro e all’iniziale effetto Macron sono rientrati. Tutto questo senza che i tassi d’interesse siano mai stati ritoccati verso l’alto.
Tantalo. Figlio di Pluto, dea della ricchezza, e inizialmente benvoluto da Zeus, che lo invita spesso alla sua tavola, Tantalo potrebbe godere un’esistenza felice, ma la sua avidità e fame insaziabile lo inducono a ripetuti episodi di cannibalismo e alla perversione di servire carne umana in un banchetto a cui ha invitato gli dei. Non pago, ruba il nettare e l’ambrosia, alimenti divini, per farne dono agli uomini e farsi bello con loro. Oltremodo irati, gli dei condannano Tantalo a continuare ad avere un formidabile appetito per l’eternità e ad avere a disposizione davanti a sé per tutto il cibo che si può desiderare senza poterne mai godere. Appena Tantalo si avvicina all’albero dai meravigliosi frutti, il vento sposta i rami e li rende inaccessibili.
Per le borse, il supplizio di Tantalo consiste nella possibilità di continuare a vedere crescita economica e un’inflazione relativamente bassa senza poterne più trarre beneficio per nuovi massimi significativi. Siamo entrati nella fase in cui nessuna notizia è positiva. Ancora tre anni fa tutte le notizie erano positive, quelle che segnalavano crescita perché segnalavano crescita e quelle che segnalavano debolezza perché si traducevano in un prolungamento della politica monetaria espansiva che tanto piaceva ai mercati. Oggi un dato debole è qualcosa che può preannunciare la fine del ciclo e che al massimo induce le banche centrali a rallentare il rialzo dei tassi, non certo ad abbassarli. Un dato forte, dal canto suo, le conferma nell’intenzione di proseguire.
Un’economia americana che continuasse a crescere alla velocità che piace a Trump, sopra il 3 per cento, avrebbe ovviamente buone ricadute sul fatturato delle società quotate, ma provocherebbe alla lunga un’erosione dei margini dovuta all’aumento del costo del lavoro e degli interessi da pagare sui debiti. Il risultato netto potrebbe essere comunque positivo per gli utili finali, ma questi dovrebbero poi essere scontati con tassi in salita. A utili più alti (ma non di molto) corrisponderebbero multipli più bassi. Se invece l’economia americana e globale dovesse decelerare in modo marcato, gli utili ovviamente ne risentirebbero negativamente, ma il pilota automatico delle banche centrali rimarrebbe ancora, inerzialmente, orientato in senso restrittivo almeno per qualche mese.
Nel 2017 si faceva il tifo per un’accelerazione della crescita e per un’uscita dalla ripresa insipida e incolore degli anni precedenti. Oggi si invoca di nuovo una crescita più modesta che allontani l’inflazione e rallenti l’azione della Fed. Meglio meno, ma più a lungo. David Zervos si spinge a dire che una nuova Goldilocks non è solo un desiderio ma è la realtà dietro l’angolo. L’inflazione sta smettendo di crescere e in alcuni settori è addirittura in regresso. Il petrolio e le materie prime sono in ribasso evidente. Se la crescita si riporterà verso il due per cento, se l’inflazione rimarrà ancorata al due, se le guerre commerciali non produrranno sconquassi, allora ci ritroveremo di nuovo in uno stato di grazia e il ciclo potrà proseguire indisturbato.
È uno scenario suggestivo e rientra nel possibile. Un conto è però una Goldilocks come quella degli anni scorsi, in un contesto di ancora ampie risorse inutilizzate. Un altro conto è una Goldilocks con una disoccupazione ai minimi storici. Nessuno può sapere con certezza se la curva di Phillips è davvero morta o se al contrario sta per risvegliarsi. Nel dubbio è però legittimo che i mercati richiedano un premio più alto per il rischio ovvero, a parità di utili, un prezzo più basso per l’azionario. L’Equity Risk Premium, il differenziale tra il rendimento economico di una società quotata e quello dei governativi lunghi, è ampiamente sotto la sua media storica e non ci sarebbe da meravigliarsi se si normalizzasse almeno un poco.
Detto questo, c’è qualcosa cui aggrapparsi per sperare in un mercato meno preoccupato almeno per fine anno? C’è, sicuramente. Una riaccelerazione anche modesta in Europa e un clima meno teso tra America e Cina sarebbero di grande aiuto. Anche una Fed più possibilista sarebbe positiva. Powell ha fatto già alcune concessioni, dichiarandosi consapevole del rallentamento globale e, all’interno, delle difficoltà del settori legati ai tassi. La Fed vede chiaramente il ribasso azionario, ma vede anche un’economia americana che, soprattutto nei settori meno legati al resto del mondo, va ancora fin troppo bene. In pratica, se vogliamo concederci un rialzo di fine anno, che resta ancora possibile, dobbiamo guadagnarcelo accettando di partire da una base più bassa.