“Se vincono i partiti populisti” come il Movimento 5 Stelle o la Lega Nord e si va verso l’ingovernabilità lo spread dei bond italiani potrebbero esplodere a livelli mai visti, con Piazza Affari a rischio capitolazione”.
Era una delle previsioni più comuni che si potevano leggere prima del voto alle politiche del 4 marzo scorso, secondo il parere di esperti e i sondaggi condotti da giornali, siti e agenzie finanziarie.
Passati quasi due mesi dall’esito elettorale che ha visto la vittoria dei partiti “populisti e anti establishment”, ma non solo: anche il realizzarsi di uno scenario complicato per la governabilità, se si guarda agli indici di Borsa e allo spread si può solo dire che è accaduto il contrario di quanto sostenevano i profeti di sventura.
Lo spread Btp-Bund è ai minimi da due anni e viaggia intorno a quota 115. Piazza Affari, dopo il più nefasto degli scenari post-elezioni, risulta al momento la migliore fra le Borse nel mondo con una crescita del +8,3% contro il +1,1% dell’indice Msci World e il +4,7% dell’indice Eurostoxx.
La lunghissima storia della fallacia delle previsioni dei cosiddetti “esperti” vede l’aggiunta di un nuovo capitolo dopo le figuracce rimediate su cosa sarebbe dovuto succedere ai mercati post Brexit, al dopo elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti o in Italia, nel caso di vittoria del No al referendum costituzionale.
Del resto, sappiamo quanto il circo mediatico abbia bisogno di fornire contenuti e le previsioni vanno sempre di moda. Il rito di fornire e sfornare previsioni (spesso interessate) non passa mai. E i risparmiatori e la cosiddetta opinione pubblica, chissà perché, hanno spesso bisogno di credere che esista qualcuno in grado di dire cosa succederà e quali conseguenze ci saranno.
Gli antichi dicevano che il futuro è nel grembo di Giove (Zeus per i greci) e come Dio supremo aveva una sua caratteristica: l’imprevedibilità. La sua potenza, ad esempio, si poteva manifestare a piacere nei fenomeni atmosferici: radunava le nubi e scatenava i temporali, lanciava fulmini e mandava sulla terra la pioggia, la neve o la grandine. Oppure faceva tornare il sereno.
Chi fa il lavoro di consulente finanziario sa quanto siano fallaci le previsioni, tutte le previsioni. E ogni bravo analista o consulente indipendente ha una sua cartellina con quelle più assurde mai scritte.
Nel 2008 il consensus prevedeva un rialzo del 10% dell’indice S&P 500, mentre si registrò un crollo del 40%. E un anno fa gli stessi analisti prevedevano un rialzo dell’indice azionario americano del 6% che fu poi realizzato in 6 settimane.
La solita storia, sebbene gli investitori non amino molto studiare la storia.
Alfred Cowles, erede di una fortuna editoriale negli Stati Uniti e appassionato investitore oltre che economista, dopo il crollo di Wall Street del 1929 in un celebre studio raccolse tutte le indicazioni che le diverse grandi società di intermediazione avevano distribuito negli anni ’20 e all’inizio degli anni ’30. E la sua conclusione fu sconcertante. Chi prevedeva gli andamenti della Borsa in realtà non prevedeva alcunché.
Analisi empiriche simili condotte nei decenni successivi ai tempi delle previsioni formulate nella New Economy (ne ho scritto nel libro in “Bella la Borsa, peccato quando scende”) o durante la crisi 2007-2008 hanno confermato il responso.
“Le previsioni – come dice Warren Buffet – possono dirti molto sul passato”.
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A cura di Salvatore Gaziano, Strategist SoldiExpert.com